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Carnevale de Venetia 2001 - attacco di parte
di Compagnia de Calza
“I Antichi” - inviato il 28/02/2001 (letto 3560 volte - 0 commenti)

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Carnevale de Venetia 2001 - attacco di parte
Signore e Signori,
questo è un attacco frontale, totale, globale, assoluto della Compagnia de Calza «I Antichi» contro
gli uomini tristissimi e insipidi che dirigono il Consorzio Carnevale di Venezia. È un atto
d’accusa che colpisce duramente le loro poche idee, il loro modo di realizzarle, di proporle e di
considerarle. Nonché l’insufficienza delle loro melanconiche e decadenti fisionomie, inadeguati
perfino nel volto a rappresentare il divertimento.
Il nostro, è ovvio, è un attacco di parte.
Un attacco veramente di parte.
“Xè finio el Carneval” E comincia la falsa retorica del successo. Si scambiano i numeri da stadio
per indici di gradimento. È un atteggiamento schizoide in voga da anni: i veneziani non ne possono
più dell’assedio e gli organizzatori del Carnevale si trincerano dietro le cifre per nascondere il
vuoto della loro offerta. Ottantamila, centomila, centodiecimila!, lo spacciano per un successo e
invece si tratta di moltitudini affrante e immiserite che vagano alla disperata ricerca di qualcosa.
Nessuno spiega loro che il Carnevale non è uno spettacolo da vedere, ma una festa da fare. E i
pochi che lo capiscono restano fagocitati nelle masse immattonite e le maschere da cartolina,
stucchevoli manichini animati in Piazza San Marco.
Nei campi si offrono spettacoli da sagra campestre: concertini giovanili, piste di skateboard, e
schifezze varie; in Piazza si organizza tutto come un evento televisivo di bassa lega, palco
inverecondo, musica amplificata. Al popolo non resta da vedere altro che inservienti stravaccati e
materiali di scena accatastati. In attesa che lo spettacolo cominci.
Non esiste un’offerta di novità culturali e spettacolari sulla base della tradizione veneziana, non
esiste un’offerta teatrale degna degli antichi splendori. Restano solo rievocazioni storiche
inevitabili finanche nei paesini più sperduti delle province italiane. E tutto, persino i tanti
bravi artisti provenienti da tutto il mondo, viene frullato in un incomprensibile, inspiegabile,
indigeribile papocchio.
Le idee forti alla base di tutto ciò sono due: «No ghe sè schei» e «Xè Carneval, va ben tuto». In
nome del risparmio si taglia tutto quello che costa un po’ di più di poco, si gettano tutti gli
spettacoli di chi non è socio del Consorzio; in nome del Carnevale si butta dentro tutto quello che
si può, basta che costi poco, anche se non vale niente. È una filosofia forte, invincibile,
inderogabile.
Ed è facile: la aiutano la ricchissima storia della nostra città e la naturale bellezza degli
scenari. Ma se vale ad abbindolare il visitatore romantico e sprovveduto, non basta a tutti gli
altri.
Il nostro, è ovvio, è un attacco di parte.
Un attacco veramente di parte.
Ricordiamo il passato: il Consorzio Carnevale nacque per dare ai veneziani la gestione della Grande
Festa, con l’intento ammirevole di non farla gestire da foresti. Per fini ideali, ma soprattutto
per scopi materiali. Il Carnevale dev’essere veneziano, i «schei» devono restare a Venezia. Orbene:
i veneziani sono esclusi dal Carnevale e il Consorzio è sempre a corto di «schei». I due obiettivi
sono patentemente, mirabilmente, clamorosamente falliti.
Il nostro, è ovvio, è un attacco di parte.
Un attacco veramente di parte.
La Compagnia de Calza «I Antichi» organizza feste e spettacoli a Venezia e nel mondo da ventidue
anni. Noi ci divertiamo e chi viene alle nostre feste si diverte. Abbiamo successo e ne siamo
fieri. Siamo amati dal popolo e temuti dai potenti. Siamo belli, siamo divertenti, siamo
orgogliosi, siamo liberi.
Nel 1992 e nel 1993 abbiamo organizzato la Piazza delle Meravegie e la Piazza delle Strameravege. I
veneziani e i foresti se lo ricordano. Ricordano la musica classica suonata dal vivo, i teatri dal
vivo, i personaggi insoliti e curiosi, i palchetti, i carri strambi della Compagnia. Ricordano una
Piazza a misura d’uomo e non di telecamera, un luogo sempre pieno di cose divertenti. Ricordano e
ci rimproverano (a noi!): perché non lo fate più?
Ma la nostra idea aveva due enormi difetti: era nostra ed era pagata dalla Grandi Eventi.
Ovvio che venisse cancellata. Per sempre.
E quando, l’anno successivo, criticammo la miserrima impostazione del Carnevale del Consorzio,
fummo attaccati duramente e vennero esaltati gli «eroi» che senza soldi e con le capanne
dell’Excelsior avevano imbastito una triste parodia dei nostri carnevali.
Gli «eroi» sono quelli stessi che a distanza di anni non hanno saputo fare soldi e non hanno saputo
fare carnevale. Gli stessi che elargiscono come un’elemosina taccagna i loro fondi.
Il nostro, è ovvio, è un attacco di parte.
Un attacco veramente di parte.
Nel 2000 abbiamo inventato, realizzato, condotto con successo di pubblico e di critica «Il Casanova
Inquisito», varietà comico acrobatico erotico in Campo San Polo nella struttura «La Bauta», evento
che ha divertito tutti. È stato definito «lo spettacolo più intelligente del carnevale». Era tutto
esaurito. Ma aveva un solo difetto: era nostro. Così, l’anno scorso lo hanno relegato nei primi
giorni del Carnevale, con l’intento malcelato di affondarlo. Non ci sono riusciti. Quest’anno hanno
fatto il capolavoro: hanno preso la struttura (che avevamo trovato e portato noi), hanno preso il
nome, hanno usato la nostra immagine nelle pubblicità e ci hanno sbattuto fuori. Scusa: «no ghe xè
schei». Ma il motivo vero è una stupenda frase autentica: «darghe i schei ala Calza perché i se
diverta? e NO ciò!».
Peccato per loro che grazie alla lungimiranza e al buon gusto della gestione del Casinò di Venezia
lo abbiamo fatto lo stesso: in terraferma. Con un successo maggiore, perché Ca’ Noghera non è Campo
San Polo e riempirci un circo da trecento posti non è come portare centomila persone in Piazza San
Marco. Se ti vengono a vedere, a Ca’ Noghera, è proprio perché gli piaci. Non perché non sanno dove
andare.
E in più ci siamo divertiti.
Il nostro, è ovvio, è un attacco di parte.
Un attacco veramente di parte.
Perfino il Festival di Poesia Erotica «Baffo Zancopè», nona edizione, ha avuto il suo sabotaggio.
Visto che lo pagavano loro, ci hanno dato un palco che presupponeva un pubblico formato mignon.
Risposta ufficiale: «non ghe xè schei». Per un palco? Ci siamo arrangiati. E sotto una bora
spietata polare e glaciale c’erano seicento persone a ridere, applaudire, divertirsi. E dire: «a
parte voi non c’è altro». Abbiamo offerto litri di grappa Bottega, e ci siamo divertiti. Noi
Compagni de Calza I Antichi.
Il nostro, è ovvio, è un attacco di parte.
Un attacco veramente di parte.
Noi siamo venticinque famiglie veneziane e foreste. Noi siamo un gruppo di pazzi che senza
remunerazione organizzano feste e spettacoli nel rispetto della storia e della tradizione della
nostra città. E nel rispetto di noi stessi lo facciamo nel miglior modo possibile. E noi ci
riusciamo. Noi non abbiamo pretese manageriali, noi non abbiamo presunzioni artistiche, noi non
spacciamo schifezze per spettacoli, noi non siamo attori, noi non siamo figuranti, noi non siamo
comparse. Noi non facciamo parte del Consorzio Carnevale.
E noi ci divertiamo.
Il nostro, è ovvio, è un attacco di parte.
Un attacco veramente di parte.
Quindi.
Noi proponiamo che il Comune di Venezia riveda l’organizzazione del Carnevale in senso
culturalmente più moderno ed economicamente più efficace. Proponiamo una divisione fra controllo
economico e impegno artistico. Proponiamo controcorrente che l’Amministrazione Comunale recuperi la
gestione della Festa più complessa di Venezia. Proponiamo che la direzione artistica venga affidata
ad un regista di chiara fama e grande capacità.
Pertanto.
Noi chiediamo ufficialmente lo scioglimento del Consorzio Carnevale. Lo chiediamo perché ha mancato
gli scopi per cui è nato. Perché ha fallito culturalmente. Perché ha fallito economicamente. Perché
ha tolto ai veneziani la possibilità di divertirsi e di partecipare al Carnevale e li ha
allontanati in tutti i modi dalla festa. Perché non è riuscito a creare ricchezza, ma solo bilanci
zoppicanti e pasticcioni e un costante lamentoso pianto per mancanza di soldi. Perché con la
povertà intellettuale della sua offerta ha degradato l’immagine di Venezia, perché ha finito per
attirare resse allo sbando che hanno degradato moralmente e materialmente l’intera città
riempiendola di pattume d’ogni tipo.
Lo chiediamo perché quegli uomini tristi e lagnosi non rappresentano Venezia in alcun modo.

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