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Pietre di Venezia ..:Torna indietro:..
Venezia e l’impermanenza del Mandala -  
di Umberto Sartori - inviato il 07/02/2003 (letto 3563 volte - 0 commenti)

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Quanti anni ancora restano a questa città prima che la scopa di improbabili monaci tibetani spazzi in sabbia fine il prezioso lavoro degli architetti, sbriciolando il paziente e amorevole lavoro degli scalpellini?Io passo la mia mano sui marmi e sulla pietra d’Istria, e la ritraggo bianca di gesso, in moltissimi casi provoco anche una minuscola frana di schegge.Ho visto negli ultimi 15 anni una lucida Madonna con Putto secentesca divenire torsolo di sé stessa, in piscina Venier a San Vio; con questo ritmo posso prevedere che nei prossimi 15 anni essa sarà divenuta l’effige di un lingam induista appena un poco allungato.In pratica l’immagine sacra mostra uno stupefacente viraggio verso l’androginia cui seguirà totale dissoluzione nei 15 anni seguenti.Innumerevoli stipiti di porte e vetrine in pietra d’Istria sono profondamente sgretolati dalla gessificazione e asporto delle vene di calcite, consunti dal più lento sciogliersi della pietra bianca principale.È lo zolfo presente nell’aria: esso lega la pioggia divenendo acido solforoso, ottimo agente per trasformare il carbonato di calcio che costituisce calciti, marmi e Istria. Il carbonato, che è insolubile in acqua, a contatto con lo zolfo sciolto in acido dalla pioggia, diventa solfato di calcio (cioé gesso) il quale, come tutti ben sanno, si scioglie poi in acqua con facilità.L’odore di zolfo mi ricorda qualcosa, qualcosa di antico che i veneziani avevano sempre saputo rintuzzare, dedicandosi invece alla pietra e alla pietà in un bene superiore che, rappresentato dallo Stato, era però di fede limpidamente metafisica e religiosa.Il popolo nutriva questa aspirazione con il sacrificio e il dono, rendendo grazie a Dio per ogni vantaggio ottenuto, e contristandosi al Suo cospetto nelle avversità.Un simile popolo poteva costruire e conservare la città santa, poiché essa, oltre che abitazione, era il suo Tempio.Ci si dice che “l’uomo moderno non ha più bisogno di templi”, sarebbe più evoluto, così.E invece è ancora l’antico odore dello zolfo, che cerca di rubare il mondo alla grazia di Dio e dell’uomo per donarlo alla corruzione e alla dissoluzione nella polvere e nelle mosche.Da dove proviene il suffumigio sulfureo, quali sono le cattive volontà che gli permettono di esalare con tanta forza da divorare il frutto della buona volontà nella pietra e nella morale?I nemici del tempio sono sempre gli stessi nemici nell’andare dell’uomo, avidità, paura, avarizia, imbroglio, incapacità manuale e di pensiero, ognuno ben conosce in fondo a sé quali sono i vizi capitali, ovvero che conducono a morte nello zolfo...Gli eventi passati e odierni ben dimostrano come al contrappasso individuale sovrastiano destini collettivi, di popolo, di nazione e dell’intera umanità. Al dilagare del malcostume individuale decade proporzionalmente il karma (per usare una parola sanscrita che, paradossalmente, sembra più nota del termine italiano) del popolo o nazione in cui il malcostume o “vizio” si espandono.Non è il motore diesel benzina dei mezzi di trasporto incontrollati il vero agente sulfureo. I motori sono l’officina dove la volontà di usarli per un lucro personale sempre maggiore esala i suoi miasmi.Ma è quella volontà umana la vera produttrice di zolfo.Essa è di origine individuale, e possiede la caratteristica, in quanto “cattiva” volontà, di degradare l’uomo dallo stato di individuo, cioé persona consapevole e compresa di essere parte di un organismo complesso come la città, allo stato di animale brado.Gli animali bradi non costruiscono templi, tantomeno città sante, e ovviamente non li sanno custodire, mantenere e menchemeno difenderli da un mondo esterno già di per sé stesso spesso aggressivo.Venezia è un punto fuori del sistema, essa è protetta dai miasmi sulfurei di terraferma dalle brezze marine, la cancrena che la dissolve non è principalmente esogena, ma prodotta al suo interno, da meno di 60.000 piccole anime rinchiuse ciascuna nel suo guscio, in un’apnea da capparozzolo nella rete. La sostanza materiale di Venezia è oggi manifestamente in balia di un popolo ampiamente corrotto nei suoi singoli ex-individui, che generano classi dirigenti prive della sensibilità magica e poetica che questa città richiede ai suoi ingegneri per proclamarla nei suoi artisti.Senza questa sinergia Venezia non è più, essa ancora vive sull’inerzia dell’entusiasmo dei padri e nel vero culto di pochi suoi figli.In assenza del ripristino urgentissimo di questo requisito extrasensoriale nei custodi della città, requisito non riconducibile né compatibile con alcun succedaneo materiale o tecnico/scientifico, ma anzi deputato a informare e dirigere qualsiasi intervento materiale tecnico/scientifico, io vedo con chiarezza questa città scomparire così come la si è conosciuta, divenire una memoria mitica dell’umanità, una Avalon ormai preclusa ai mortali. Essi ne avranno abusato oltre il limite, la avranno consunta e dissolta nei vapori dei loro zolfi di animali incolti.Noi dovremo andare ancora a remi o Signore, nei rami della tua città, finché il mondo non avrà generato un sistema di muoversi qui con pari efficacia. I motori odierni sono illusioni, suggerimenti, solo ci hanno appagato nella nostra viltà e ignoranza.Sappiamo che il motore diesel-benzina qui, adesso, non costa 1 euro al litro, costa la perdita definitiva della città dei nostri padri e dell’uomo.Queste propulsioni sono quindi immensamente dispersive, costosissime. La loro apparente efficienza in realtà prende in cambio la nostra anima, solo per il sollievo momentaneo dei nostri muscoli, che inflaccideranno e si dissolveranno dove non resterà neppure la pietra. Animali bradi destinati a morire come carogne nel deserto, questo il destino storico di chi abbandona la propria memoria tra le grinfie del vizio, sia esso attivo o ignavo.Per effetto della mia pur scarsa fede, io voglio continuare a sperare che 15 anni non siano troppo pochi per salvarci dallo zolfo delle nostre anime, e voglio che tutti coloro che avranno occasione di leggere questo mio scritto sappiano che, a meno della restaurazione al potere decisionale di un gruppo di decisi sacerdoti della città, e di una piena collaborazione da parte della popolazione operosa, Venezia cesserà di esistere come luogo meraviglioso dell’uomo entro brevissimo tempo, direi una quindicina di anni appunto.L’effetto sarà solo visivamente ritardato da imbellettamenti provvisori realizzati senza arte ( ma con tanta parte), cui già da alcuni anni gli amministratori officianti di mammone zolfo ci stanno abituando.Ma da loro non possiamo neppure sperare in una progressiva e degna sostituzione delle parti, perché la loro devozione va all’eradicamento profondo di ciò che Venezia è e ha sempre simboleggiato. La loro volontà si alimenta a volgari insensibilità verso le essenze metafisiche del sacro, del naturale e delle loro interazioni, quando non all’iconoclastia e allo sfrenato culto dell'ego tipici dei vizi capitali.Venezia è ancora sul suo ponte dei Sospiri, ma è Lei stessa che lo attraversa adesso, con i nostri ultimi occhi lascia il suo sguardo non sulla laguna: i fiumi ne faranno altre. Essa lascia il suo sguardo sulla grata di pietra della feritoia e pensa che per moltissimo tempo, oltre la storia, nessuna mano e volontà d’uomo così formerà la pietra ad insegnare.Sono scosso da pianto e da singhiozzi mentre scrivo, mi dibatto come un pesce tra la preghiera e la disperazione, queste intensità emotive non mi possono appartenere in toto, in fondo io sono un pittore informatico, ho la speranza in un futuro di silicio in cui Avalon non sarà mai corrotta. C’è qualcun altro che sta soffrendo con me in questo momento, il dolore che provo è di compassione, forse l’eggregore veneziana non è spenta del tutto, forse qualcuno unisce la sua preghiera alla mia, forse il popolo capirà che non c’è futuro degno, nell’egoismo spicciolo che ha abbracciato.Ciò che piange nella mia disperazione di adesso mi chiede tra i singulti e le raffiche di dislessie che intricano le mie dita, e che correggo con puntigliosità pedante, di cancellare questo mio scritto, che esso è vanità del mio ego scrivente. “Sacrifica la vanità della tua verve poetica, cancella il file, esso è luce, tutti lo hanno già letto mentre lo scrivevi, ne sono avveduti, se sono nella comunità dei credenti, è anche il loro pianto che sgorga dal tuo petto mentre lo scrivi, tu generi loro dolore, non farlo, sacrifica la tua vanità di poeta”.Io ho già ascoltato questa voce, in gioventù, essa riuscì ad allettarmi con argomenti anche più ignobili pur se egualmente disperati: con un fiammifero ho bruciato forse i miei piu bei doni di pittore per l’uomo, fatti di sola grazia del Signore, di buona volontà e di luce.Il fiammifero era zolfo, lo vedo adesso con chiarezza fotografica tra le mie dita, con la sua piccola capocchia di dissoluzione aggressiva(Fu la mia debolezza a pormelo tra le mani, fu un abbaglio del fuoco, o l’azione di una parthouse di precoci sacerdoti dello zolfo? Con ogni probabilità, metafisica, s’intende, le tre cose agirono in sincronia, e io fui agito dalla mia cattiva volontà scambiata per buon dovere con il suffragio di consensualita interiori ridondanti e mistificate.Sembra linguaggio di scienza, e lo è, perché la metafisica è la scienza della conoscenza interiore ed ulteriore all’uomo).In momenti di così intensa drammaticità interiore è difficile talvolta distinguere la voce del Signore da quella delle eggregori e da quella dello zolfo personale quando questi entra in sintonia con lo zolfo collettivo. In questi frangenti non ho altro riferimento che il mio libero arbitrio, e nella mia scelta di artista io vedo il ruolo di intercessore: io ho scelto in un passato, così remoto da non ricordarlo più, di difendere l’uomo, la sua buona volontà e i suoi frutti anche e soprattutto davanti al giudizio di Dio, e considero questo il mio servizio secondo la volontà di Dio stesso per come essa in me si manifesta.Non distruggerò quindi questo parto del mio sentire religioso, letterario e politico. Non lo distruggerò ma anzi cercherò di svilupparlo in un piano per la salvezza in emergenza della Venezia dei Padri così come io posso vederlo, artista veneziano neorinascimentale con un forte sentire esoterico ed emozionale nei confronti della mia città.Svolgerò questo programma in forma scritta sulle pagine di Venezia ObServer, e cercherò di diffonderlo quanto più possibile per raccogliere quelle forze che sento con me soffrire dell’ingiusto destino della città dei Padri, e per convincere chi allo zolfo si è voltato a ritornare popolo virtuoso della città santa di Venezia.Senza queste riaggregazioni e riconversioni Venezia sarà perduta, dopo il lungo smarrimento da cui ci stiamo svegliando attoniti.In Fede e Speranza della CaritàUmberto Sartori

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