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Strategia di lavoro per la Repubblica, Precisazioni
di Umberto Sartori - inviato il 27/03/2011 (letto 3564 volte - 0 commenti)

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Strategia di lavoro per la Repubblica, Precisazioni

Proseguo la pubblicazione, in puntate più o meno settimanali, della strategia di "Lavoro per la Repubblica". Dopo aver ricordato la storia del Comitato di Salute Pubblica a Venezia, effettuiamo alcune precisazioni importanti ai fini di poter stabilire una corretta comunicazione politica.

Preleva la versione in pdf di questo documento

Sintesi della situazione politica, come appare dalla base dati del Comitato e dall’attività legiferante dei partiti

Abbiamo visto che, nei primi otto anni di attività, il Comitato di Salute Pubblica a Venezia si è occupato in prevalenza di raccogliere dati e documentazione locale, per costituirli in informazioni.
Tali informazioni sono state da noi diffuse esclusivamente in difesa di Venezia e dei valori globali di Buon Governo Repubblicano che l’antica città esprime attraverso le sue pietre.

L’uso politico delle informazioni era volto a un duplice scopo:
1- informare i Cittadini con dati reali e congrui per elevare la consapevolezza sullo stato della loro città e sulla vocazione repubblicana che le sue architetture esprimono;
2- in questo processo, legittimare il Comitato quale fonte di informazione veneziana e repubblicana, dove si intende per “informazione” la sintesi di attenzione, dati, intelligenza e coscienza.

Il primo scopo è stato raggiunto. Nella memoria di moltissimi Cittadini interessati a Venezia, sono oggi presenti, in merito alle questioni di cui si tratta, dati che non lo erano al tempo in cui iniziammo la nostra azione.

Questo risultato permette di considerare parzialmente ottenuto anche il secondo scopo, dal momento che vi sono chiare prove, documentali e pubbliche, di come tale aggiornamento collettivo della memoria abbia tratto origine e tragga pressocché ogni nuovo spunto dall’iniziativa e dall’attività del Comitato di Salute Pubblica.
I dati sulle condizioni oggettive dei manufatti e sul loro prevedibile destino, da noi contestualizzati e organizzati in informazione, già producono nei Cittadini più attenti la consapevolezza dello stretto rapporto che lega il sistema partitico alla distruzione del Bene Comune.

Siamo ancora lontani dal livello di legittimazione necessario a una nostra effettiva azione di governo, ma vi sono ulteriori elementi di potenziale prestigio popolare che il Comitato ha seminato nel Territorio: primo fra tutti la propria capacità di mantenersi alieno da quel “gioco delle parti” che attualmente si azzuffa attorno al Bene Comune.
Questa caratteristica di estraneità a qualsiasi tentativo di accedere a un brandello del potere, in nome della necessità imprescindibile di un Potere unico sulla Laguna, mantiene chiara la visione del Comitato sui fenomeni reali e alimenta la sua forza informativa. Mantiene al contempo chiara l’immagine di sé, che il Comitato offre ai Cittadini e alle Forze Repubblicane.

Le informazioni da noi raccolte e organizzate sono oggi sufficienti a supportare oltre ogni ragionevole dubbio le osservazioni e le deduzioni ideologiche e politiche che hanno portato alla fondazione del Comitato di Salute Pubblica e a formulare la sua Petizione.
Queste asserzioni di natura astratta si qualificano sempre più come dati attendibili, in quanto direttamente derivate dal-l’osservazione diretta dei fatti, e a questi ormai sistematicamente ricondotte dall’evolversi degli eventi fisici e politici.

Per il loro costante affermarsi all’evidenza, le nostre elaborazioni ideologiche hanno a loro volta già cominciato a influenzare i processi mentali dei contemporanei: massimalismi tratti dall’ideologia del Comitato affiorano sempre più spesso negli abbagli, demagogici o ingenui che essi siano, delle liste civiche e di altri movimenti che si sono attivati, consapevolmente o meno, sulla base dati informativa e ideologica creata dal Comitato stesso.
È, in parte, un fenomeno analogo a quanto già avviene, a livello più meccanico, con la nostra semplice documentazione.

Anche a fronte di queste nuove provocazioni, mai le azioni del Comitato sono state dirette “contro” questo o quell’altro degli specchietti per allodole dispensati al malcontento popolare dagli attivisti di partiti vecchi e nuovi.
Sempre e solo abbiamo servito la causa del Bene Comune nella coscienza e nell’unità dello spirito di Venezia.

La Sinergetica, cui da Veneziani ci ispiriamo, esclude la contrapposizione in quanto fonte di ostilità e di entropia, mentre professa il metodo giustappositivo.
Noi non combattiamo, I.E., -contro- il malcostume ma -a favore- del Buon Governo, non siamo -contro- le navi ma -alla ricerca- di una gestione intelligente e adeguata del loro traffico.
Il metodo giustappositivo nella politica sarà trattato più ampiamente nel Capitolo dedicato al Modello Veneziano.

Abbiamo dunque diffusa e parzialmente consolidata fra la Popolazione la base dati dalla quale traiamo le nostre ipotesi politiche: per proseguire nel conseguimento del secondo scopo, con la diffusione del modello politico che verrà enunciato in questa Strategia, dobbiamo da oggi dedicarci principalmente a chiarire quelle ipotesi e a esporre nel dettaglio come esse sorgano da quella base dati.
Dall’osservazione locale dobbiamo formulare con chiarezza il pensare globale, rendendo i Cittadini quanto più possibile avveduti di questa procedura.

Pur senza abbandonare del tutto la campagna di raccolta dati, i nostri sforzi devono focalizzarsi in un altro ambito, quello del diffondere il convincimento civile che animò la Venezia dei Padri e che anima la Costituzione della Repubblica Italiana.


Precisazioni necessarie

Al fine di rendere comunicativo il discorso che vogliamo sviluppare da queste pagine, dobbiamo richiamare il significato di alcune parole, fondanti nell’arte della Politica e attualmente spesso confuse dall’uso improprio e dalla demagogia.
Le parole in questione sono innanzittutto quelle due, che designano due diversi modi di intendere, organizzare e mantenere il Popolo in stato di civiltà nazionale e/o imperiale:
“Monarchia” e “Repubblica”.

Al di là delle differenze che vedremo, è importante ricordare che entrambi i sistemi si basano sulla istituzione della Res Publica, ovvero di un patrimonio territoriale e culturale appartenente al Popolo-Nazione nel suo complesso, attraverso il concetto di Demanio, Regio o Pubblico.

Nella Monarchia lo spirito popolare personifica i molti nell’uno, uomo-re il quale, divinizzato o semi-divinizzato, diviene incarnazione del Popolo-Nazione e della sua volontà. I possedimenti Reali sono, moralmente se non fisicamente, patrimonio del Popolo, i fasti del Re i suoi fasti.
Il Re in se stesso rimane tuttavia persona di carne e ossa, e in Monarchia dunque per servire lo Stato e la Nazione, uniti nel concetto di Patria, ci si dedica al Re, cioè a un altro essere umano. Che è e rimane un fenomeno individuale e fisico localizzato, investito di una centralità che si traduce, per tutti gli altri, in sudditanza.
Questa sudditanza all’uomo-Re, anche quando auspicata e gradita da larghissimi strati della popolazione, confligge da tempo con alcuni insegnamenti e dettami di tutte le maggiori religioni monoteiste, che vietano di formare e adorare idoli e feticci, ovvero precisamente ciò che ogni re, dal tempo della scomparsa dei “poteri Taumaturgici e divinatori”, si trova a essere: non più il Dono Divino Incarnato a guidare il Popolo, ma il feticcio idolatrato di un Popolo-Nazione, spesso golem asservito ai peggiori istinti di quel popolo-nazione.

Tale sudditanza fra umani contrasta inoltre con le concezioni, sia religiose che laiche, del libero arbitrio e della Fratellanza umana.

La ricerca di perfezionamento che connota la società civile ha prodotto, per ovviare a quelli e altri difetti del sistema monarchico, un differente orientamento politico, quello puramente repubblicano.

Nella Repubblica propriamente detta, lo spirito popolare vede i molti come insieme e ne concettualizza una entità immateriale, la Repubblica appunto, che si stacca dalla localizzazione in una persona fisica per assumere a pieno titolo il valore di principio unificatore astratto. Per servire lo Stato e la Nazione, in Repubblica, ci si riconosce in un principio astratto e non compare la sudditanza fra esseri umani.

Quando gli elementi di un insieme fisico si orientano secondo un principio unificatore astratto, come nel caso della società repubblicana, il sistema che ne risulta è sinergetico, ovvero superiore energeticamente alla somma delle sue parti.
Questo Principio Generalizzato è stato dimostrato in fisica e chimica da Buckminster Fuller nel ventesimo secolo, ma fu applicato sociologicamente con enorme successo dai Veneziani nella loro esperienza repubblicana: oltre mille anni, una durata quasi pari a quella della Civiltà Romana e ben più di quella connotata da stabilità politica e pace interna. Queste condizioni permisero il concepimento e l’attuazione di una strategia imperiale che nella sua modernità informa ancora oggi i migliori modelli espansionistici.

Diciamo questo, perché riteniamo che la Repubblica di Venezia sia la figura storica di riferimento cui ricorrere ancora oggi, quando si voglia proporre un programma per salvare Venezia stessa ma anche quando si voglia soccorrere la Repubblica Italiana attualmente sotto saccheggio da parte di una democrazia barbaramente intesa.

Argomenteremo questa affermazione e illustreremo il Modello Veneziano con le sue possibilità di attuazione dopo aver chiarito altri due termini essenziali del discorso e illustrato le condizioni presenti di Venezia e della Repubblica Italiana.

La terza parola da chiarire come indispensabile a questa comunicazione è, per l’appunto, “democrazia”.
Si tratta di un termine assai più astratto dei due precedenti, in quanto non esprime in sé una forma strutturata ma il mero concetto di “potere popolare”.

Siamo abituati ad associare questa parola come aggettivo al termine Repubblica, dal momento che la nostra Costituzione con il suo primo articolo definisce l’Italia “una Repubblica democratica fondata sul lavoro”.
Nessuno ci ha mai abituato a considerare però, che questo aggettivo non è in sé intrinsecamente legato alla forma Repubblicana.
“Democratica”, si applicherebbe infatti altrettanto bene a una Monarchia assolutistica, ove il Popolo fosse consenziente al suo Re e si governasse attraverso lui.
Lo stesso aggettivo perfettamente si applica anche a Dittature con largo appoggio popolare, come furono quelle storiche instaurate da sommosse e insurrezioni.

L’aggettivo “democratico” ha infatti un valore etimologicamente assai generico, anche perché largamente ambiguo è il significato della sua componente “demo”. Presso i Greci, dai quali la parola proviene, “demos” rappresenta anche il “Popolo-Nazione” ma viene usata in prevalenza per esprimere concetti di “popolo” assai meno lusinghieri: secondo il Rocci, il termine proviene dal Dorico “dateomai”, che significa dividere, ripartire territorialmente.
“Demos”, in Greco Antico, vale ancora come divisione della tribù, come fazione del Circo, come specie animale.

Nella storia della Politica, la parola “Democrazia” è stata usata in due accezioni principali radicalmente opposte.

Dall’Antichità fino all’Era Moderna, la Politica ha usato il termine “democrazia” nel senso spregiativo di anarchia sociale, stato di congiura permanente, guerra civile, distruzione dello Stato e del suo Patrimonio. Nessun Regno o Repubblica se ne è mai fregiato considerando anzi la democrazia il più grave dei pericoli interni.
Per semplicità, nel resto del discorso, chiameremo “barbarica” questa accezione della parola democrazia.

Solo l’Era Contemporanea vede il sorgere di Stati che si autodefiniscono democratici. Presso questi Stati la parola si vuole significhi sistema di liberi cittadini, popolo di liberi che si autodeterminano eleggendo e rinnovando costantemente la propria classe dirigente.
Per distinguerla dalla forma barbarica, in questo scritto chiameremo “civile” questa moderna accezione di Democrazia.

È assai discutibile che alcuno degli stati “democratici” moderni abbia dimostrato di mantenere fede al significato civile.
Nella maggior parte dei casi la presunta democrazia si é tradotta in plutocrazie e oligarchie quando non, come nel caso italiano, in vere e proprie oclocrazie.

Oclocrazia è il contrario di Aristocrazia e significa quindi “il governo dei peggiori”, come vedremo dimostrato in seguito.

Nei fatti odierni d’Italia, la definizione civile moderna del termine Democrazia si prova falsa, mentre l’osservazione dei fenomeni viene a confermare il significato barbarico assegnato dall’antico alla parola.


La quarta e ultima parola che è necessario chiarire in questa nostra strategia è: “Politica”. Secondo la prima definizione, data da Aristotele, Politica è l’arte di occuparsi della Cosa Pubblica a profitto della Comunità.

Alla parola sono stati attribuiti, molto più tardi, anche valori più specifici, talvolta vili fino a ridurre la politica allo stato di attività criminale: chiunque in Italia si sia avvicinato come cooperatore alla struttura “politica” imposta dai partiti, si è sentito rivolgere innanzittutto la domanda: “Sei disposto a sporcarti le mani?”.
Questa necessità dei partiti di svolgere la loro attività nella sporcizia morale è tanto conclamata che oggi è divenuto luogo comune considerare la “politica” tout-court come attività “sporca”. Da qui la mia affermazione sull’instaurarsi dell’oclocrazia.

Sappiamo tuttavia che le grandi civiltà come l’Impero Romano e la Repubblica Serenissima, così come la Costituzione della pur meno gloriosa Repubblica Italiana, riferiscono alla politica precisamente nell’accezione aristotelica.
Politica è infatti, per la Costituzione Italiana, l’arte di proteggere e sviluppare la Cosa Pubblica per il bene di tutti.
La Politica aristotelicamente intesa è lo strumento costruttivo di ogni grande Civiltà, quindi l’uso comune che oggi si fa di questa parola è ingiustificatamente falso e usurpa i diritti della Lingua assieme a quelli dei Cittadini repubblicani.

Le attività sporche dei partiti non possono essere fraintese con una naturale evoluzione della Politica, e nemmeno con una sua degenerazione. Il Vocabolario della Lingua Italiana riserva nomi appropriati e precisi a quelle attività, nomi che sono incompatibili con il significato che “Politica” - deve - avere in una Repubblica Democratica fondata sul lavoro.
Dove vi siano:
- corruzione costante e conclamata;
- pessima conduzione dei lavori pubblici;
- servizi statali scadenti o fittizi a fronte di
- tassazioni sempre più elevate e ingiustificabili;
- promanazione e amministrazione di “pseudo-leggi” contraddittorie tra loro e in aperta violazione dei principi del Diritto;
- disprezzo e saccheggio dei Valori e delle necessità della Nazione a solo vantaggio di una parte dichiarata e massificata della popolazione;
- intrighi di gabinetto, congiure, diffamazioni, privatizzazioni di Bene Pubblico e tutte cioé quelle attività sporche che i partiti effettuano per mezzo dei loro dirigenti e sostenitori,
ebbene lì non vi è la Politica, e la sua assenza genera stati espressi da altre parole: “malcostume” e “malgoverno”.

Il nascondersi del malaffare dietro una falsa patente di “politica” permette oggi ai partiti in Italia di arrecare sempre più gravi offese e danni alla Repubblica e al suo metodo Democratico.


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