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Poesiole doppiosensuali
di Clara Vajthò - inviato il 13/06/2007
POESIOLE DOPPIOSENSUALI DI CLARA VAJTHO’
Graphe.it edizioni, maggio 2007, pp. 66, € 6.50 (acquisti on line e in libreria)

La prima cosa notevole è che questi piccoli componimenti leggeri, che ruotano su arguti incastri di parole, sono vere poesie: ci trovi lo sguardo attento e meravigliato che scava nelle cose in cerca di senso e di ritmo, e ci trovi anche una storia viva, narrata in sottili trasparenze.
La seconda cosa notevole è la voce argentina di un parlare erotico al femminile che risulta assai innovativo: non cade dentro il gorgo ritroso e lamentoso della femmina doverosamente sofferente pure nel sesso (retaggio d’antica sottomissione e mercificazione, camuffata da famiglia e religione), ma neppure si perde all’inseguimento delle espressioni più crude o sguaiate della tradizione erotica maschile, di più collaudata (ma spesso falsa) liberazione.
Clara Vajthò mette in versi un eros che assomiglia, nella sua limpidezza, al gioco dei bambini: serio preciso attento, e simultaneamente gioioso stupito lieto. In questo orizzonte le differenze fra ciò che è più lirico e ciò che è più ironico, fra ciò che è più vestito di metafora e ciò che è più nudo e crudo, perdono il carattere di contrapposizione e diventano complementari pennellate a dipingere lo stesso quadro: ventaglio di esistenze quotidiane in un chiaroscuro nitido, scritto in colore amoroso e in musica giocosa.
Allora anche espressioni come «apro le gambe», o riferimenti diretti al membro e alla vagina, perdono ogni traccia di volgarità o di tavolo anatomico, e si restituiscono, come è giusto, alla piena naturalezza dell’essere, la stessa a cui appartiene il desiderio che «ronza... dentro il cuore», così come l’amore: «L’amore che hai vissuto / non è tempo perduto / l’amore che hai sognato / è tempo anticipato».
Questo sciame di brevi poesie è dunque un gioco (spesso il titolo contiene, in modo più o meno enigmatico, la chiave di lettura dei versi) eppure va oltre: va oltre senza strafare e senza presunzione, proprio come il bambino, che quando gioca a fare il pirata della Malesia è pirata ed è in Malesia, anche se sa benissimo che fra cinque minuti salirà le scale e si laverà le mani per sedersi a cena con mamma e papà.

Prefazione di Carlo Molinaro

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