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Il Consiglio dei Dieci
di Carlo De Paoli - inviato il 04/01/2008

Il Consiglio dei Dieci all'esecuzione di Marin Faliero in un quadro di Francesco Hayez del 1867



Appunti di Carlo de Paoli da "Macchi: Storia del Consiglio dei Dieci, Milano, G. Daelli e C., 1864, voll. 3"

Per punire i colpevoli della congiura Tiepolo-Querini, reprimere i germi di ribellione da essa lasciati in seno alla cittadinanza e prevenire infine il rinnovarsi di attentati alla sicurezza dello Stato, il Maggior Consiglio, con Decreto del 10 luglio 1310, nominava dieci Savi affinché, uniti ai Capi dei Quaranta, si occupassero di tutto ciò che aveva riguardo con la cospirazione e deliberassero, con l'autorità stessa del Consiglio che li aveva eletti, i provvedimenti atti a garantire la pubblica tranquillità.

Da principio il nuovo Consiglio ebbe carattere straordinario con compito specifico; per le necessità a cui rispondeva e la buona prova compiuta, dopo proroghe di varia durata lo si rese alfine stabile, con il Decreto di Maggior Consiglio del 20 luglio 1455.

II Consiglio dei Dieci è stato per lungo tempo dipinto con le tinte più fosche, ma non senza esagerazione. In realtà, quel che lo rese temuto nei lunghi secoli della sua esistenza fu l'aria di mistero di cui gelosamente volle e seppe circondare i propri atti; non si deve però pensare che questa segretezza potesse trascinarlo a pratiche arbitrarie.
Esso era infatti sottoposto a norme minuziose, alle quali non poteva derogare ed era legato a una procedura che, se pure sommaria, doveva conformarsi alle leggi che la regolavano. Inoltre la presenza del Doge e dei suoi Consiglieri, che presiedevano alle Sedute e quindi lo controllavano, era la garanzia migliore di una scrupolosa osservanza della giustizia, di una giustizia alle volte forse tremenda, ma tuttavia sempre regolare.

Il Consiglio si componeva:

1) Di dieci Membri ordinari, scelti dal corpo del Senato tra i Cittadini, di età superiore ai 40 anni, più rispettabili per le virtù dell'animo e della mente. I Membri ordinari venivano eletti in Maggior Consiglio (prima con due, poi con tre e infine con quattro mani di elezioni) in diverse sedute dall'agosto al settembre di ciascun anno. Essi non potevano essere scelti se non uno per famiglia, al fine di evitare il più possibilmente gli abusi. Non potevano essere legati fra di loro da vincolo di parentela e non potevano cumulare altra carica. Duravano in funzione un anno ed erano sottoposti a una contumacia della stessa durata, la quale veniva osservata così rigorosamente che bastava essere entrati in Consiglio il giorno precedente alla sua rinnovazione per non poter far parte del successivo Consiglio. Col tempo la contumacia fu portata a due anni.

2) Del Doge e dei sei Consiglieri Ducali, ai quali spettava la Presidenza del Consesso. Dapprima facoltativa, la partecipazione dei Consiglieri alle Sedute fu, con legge di Maggior Consiglio del 1427, dichiarata obbligatoria: rimase invece sempre facoltativa quella del Doge.

3) Di almeno uno degli Avogadori di Comun, il cui intervento era richiesto a tutela della legge e per la regolarità degli atti. L'Avogadore di Comun poteva accusare chiunque dei Dieci avesse operato illegalmente, aveva facoltà di proposta e poteva finanche sospendere le deliberazioni del Consiglio: non aveva però voto deliberativo.

I tre Capi dei Quaranta, nello stesso anno d'istituzione del Consiglio, ne furono esclusi: in virtù di un Decreto del Consiglio Minore del 1402, mantennero una ingerenza, limitata al caso della sostituzione di qualche Consigliere Ducale espulso, ma fu loro vietata dal Maggior Consiglio nel 1464.

All'epoca del processo di Marin Faliero (1355) la composizione del Consiglio dei Dieci si allargò con l'applicazione di una Zonta (aggiunta), creata con semplice voto consultivo, trasformato l'anno seguente, in cui essa diventò ordinaria, in voto deliberativo.
La Zonta fu inizialmente di venti membri, ridotti poi a quindici nel 1529, che venivano scelti in un primo tempo dallo stesso Consiglio dei Dieci, poi dal Maggior Consiglio, fra i Senatori di età superiore ai 30 anni; essi duravano in carica un anno e non potevano essere rieletti, se non dopo una contumacia di ugual durata.
Chiamata a deliberare nei casi gravi, specie in quelli che interessavano la suprema sicurezza dello Stato, la Zonta durò fino al 1582, anno in cui, in seguito alla reazione manifestatasi nella Repubblica contro le tendenze oligarchiche del Consiglio, nessuno dei 15 riuscì confermato in Maggior Consiglio. Essa si estinse nel fatto prima ancora che un espresso Decreto la abolisse.

Il Consiglio dei Dieci si adunava in principio quattro volte al mese, poi in ogni giorno non festivo e non di Seduta del Senato. Poteva essere convocato straordinariamente dal Doge in qualunque giorno, anche festivo, anche di notte. Il Membro che non intervenisse alle Sedute per tre settimane veniva destituito. Nel 1318, i Dieci furono chiamati dal Maggior Consiglio a consulta col Senato e da allora vi parteciparono sempre con diritto di voto.

In seno al Consiglio dei Dieci venivano scelti ogni mese tre Cai (Capi) i quali lo rappresentavano stabilmente alternandosi di settimana in settimana. A loro spettavano l'iniziativa degli affari, il far eseguire le deliberazioni del Consiglio, il difendere la quiete e libertà dei sudditi da prepotenti, la sorveglianza sulle carceri, e molte altre incombenze.
Davano udienza tre giorni per settimana, erano privati dell'ufficio se mancavano per otto giorni di seguito e dovevano osservare la contumacia di un mese.
Avevano anche funzioni giudiziarie autonome - limitate, ma delicate - come il decidere in ultima istanza contro le sentenze dei censori o i casi urgenti, ma non gravi, di soprusi del Patriziato. I Cai come del resto il Consiglio, ebbero sempre la tendenza a esorbitare dai propri poteri, ma sempre furono richiamati al dovere.

Ancora in seno al Consiglio venivano eletti mensilmente due Esecutori o Inquisitori, con funzioni istruttorie.

A garanzia della sua autonomia politica il Consiglio dei Dieci disponeva di una Cassa propria per le spese segrete, che amministrava in proprio e di cui non doveva render conto a nessun altro Corpo: vi attendeva un Camerlengo eletto dal Consiglio fra i suoi Membri.
Alla Cassa erano anche adibiti due Revisori.

Altri organi interni del Consiglio erano il Provveditore alle Sale, al quale era affidata la custodia delle armi, che si tenevano pronte pel caso di improvviso pericolo, e i due Deputati sopra le Risposte dei Particolari.

L'attività del Consiglio dei Dieci, considerato come supremo organo criminale e di polizia, si esplicò soprattutto in tre direzioni: tranquillità e prosperità dello Stato; garanzia del Cittadino; tutela del buon costume.
Funzione sua preminente e caratteristica, motivo della sua costituzione, fu il perseguire con ogni mezzo le male disposizioni interne ed esterne contro la stabilità e la quiete della Repubblica.

Entravano in questa branca essenziale delle sue funzioni il venire a conoscenza:

  • dei reati politici (sette, congiure, spionaggio, tradimento, propalazione di notizie false, ecc.);
  • dei reati più gravi che, perturbando le coscienze, era interesse anche politico reprimere;
  • dei reati dei Nobili sui quali, anzi, dal 1624 divenne giudice assoluto, escludendo la Quarantia, prima competente in materia, anche per i casi meno gravi.

Al Consiglio fu dato un esteso potere disciplinare sui Nobili poiché la tranquillità e il buon ordine della classe Patrizia erano necessari per una ben regolata vita pubblica; il Consiglio, penetrando con il suo sistema informativo fin nell'intimo della vita degli Amministratori, assicurava sia il buon costume privato, sia il buon andamento della Cosa Pubblica.

Spettava inoltre al Consiglio, come supremo tutore politico, la sorveglianza sulle Corporazioni la cui attività, non frenata a tempo, avrebbe potuto riuscire deviante dallo Stato. Vigilava ancora: sull'Arte Vetraria tanto importante nell'industria del Paese; sui boschi, il cui legname era preziosissimo per i bisogni della flotta; sulle miniere; sulla Cancelleria Ducale, nella quale si custodivano gelosamente gli atti essenziali della vita dello Stato.
Infine per la buona Amministrazione della Cosa Pubblica, cui è condizione indispensabile il buon costume politico, ai Dieci era affidata la vigilanza sul broglio elettorale.

Alla tutela del Cittadino e quindi alla Quiete Pubblica, il Consiglio dei Dieci provvedeva disciplinando l'uso delle armi, la materia dei duelli, la violenza nelle barche e quanto altro potesse arrecar offesa o turbamento nel Popolo.

Per quanto riguarda il buon costume il Consiglio vi attendeva attraverso l'attento regolamento del lusso, degli spettacoli, delle feste, dei teatri, delle maschere, dei casini e delle sale da ballo, della questua, della decenza nelle Chiese e nei Monasteri, della prostituzione, ecc.

La primitiva competenza, per la natura assai delicata delle funzioni e per il fatto che le attribuzioni non potevano essere fissate se non con una certa elasticità, venne pian piano allargandosi dal campo puramente criminale e di polizia al campo amministrativo, finanziario e sopratutto a quello della politica estera.
Accadde così che il Consiglio dei Dieci fosse spesso portato a esorbitare dai limiti delle sue funzioni e fosse tentato di attrarre nella sfera dei suoi poteri materia politica che la Costituzione affidava ad altri Organi.

Questa tendenza provocò inevitabili reazioni, come quella del 1582, che allargava l'esclusiva pertinenza del Consiglio dei Dieci sulla trattazione degli affari segretissimi al Collegio, che intanto era riuscito a porsi nella vita costituzionale veneziana come l'organo più idoneo a trattare la politica del Paese. Fu riaffermata la norma che i provvedimenti del Consiglio potessero essere intromessi da ciascuno degli Avogadori, norma che, per essere stata scarsamente applicata, aveva favorito gli sconfinamenti dei Dieci.
Si sottrasse altresì alla loro competenza la sorveglianza sulla Zecca, potestà che detenevano fin dal 1350, per attribuirla al Senato, al quale fu data la libera ed esclusiva disposizione del pubblico danaro; si tentò di definire la natura degli affari segreti che i Dieci potevano trattare; si vietò loro infine di revocare o di modificare le parti del Maggior Consiglio.

Quella riforma e altre successive (principale quella del 1628) limitarono l'attività del Consiglio dei X riaffermandone espressamente la competenza a investigare tutti i reati che direttamente o indirettamente rivelassero un interesse politico; tali riforme miravano a ricondurlo alla sua propria funzione di tutore dell'ordine politico, cui spesso i Dieci avevano tentato di aggiungere la funzione di governo.

Il Consiglio dei Dieci era la fonte da cui si traeva il Tribunale degli Inquisitori di Stato, che nel secolo XVIII finì coll'assorbire gran parte dei suoi poteri.

A cura di Carlo De Paoli

Storia di Venezia, Consiglio dei X

Il Consiglio dei Dieci con i tre "Cai" (Capi)

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