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L`ignavia della soprintendenza ai Beni Architettonici di Venezia - Ovvero come viene nascosto e mistificato il pericolo mortale
di Umberto Sartori - inviato il 03/05/2004
Tabellone esposto sulla facciata della Scuola Grande di San Marco, a San Giovanni e Paolo.

Sfoggiano erudizione, indicano tutti i marmi per nome, hanno ispezionato e rilevato ogni dettaglio dello splendido edificio lombardesco/codussiano.
Hanno nozioni di chimica e laboratori attrezzati, non è pensabile che non abbiano capito la velocità con cui Venezia si sta sgretolando.
Lo hanno capito, infatti, ma non hanno il coraggio di affrontare il problema.
Non hanno il coraggio, come sarebbe loro preciso dovere, di esporre i dati che sorgono dalle indagini e dalle analisi di laboratorio.
La solfatazione ormai però non si può più tacere e nascondere, allora si alterano i dati, si affronta anche la figura da imbecille suggerendo che la solfatazione sia 'conseguente' agli strati carboniosi.
Soprattutto, si 'rassicura' il lettore introducendo ex bruto il concetto di 'degrado tipico della pietra d'Istria'.
Funzionari indegni, uomini codardi, tecnici e scienziati da operetta! La gessificazione da zolfo non è un 'degrado tipico della pietra d'Istria', che anzi essa fu scelta a edificare proprio per la sua alta capacità di resistenza ai normali fenomeni di degrado.
La presente solfatazione non può essere collocata tra questi ultimi. Noi ben sappiamo, e ben lo sanno anche alla soprintendenza, che questo fenomeno al suo tragico livello di gravità è recentissimo e strettamente legato alle emissioni dei motori marini nel microclima veneziano.
Nel 1991 relazioni della soprintendenza stessa lamentavano strati di solfatazione con spessori misurati in micron; dal 2000 dobbiamo misurarli in molti centimetri!

Ancora pochi anni di infingimenti pubblici come questo che vediamo nei tabelloni della soprintendenza e dei restauratori/truffatori: poi di Venezia non sarà rimasto più niente da salvare. Dobbiamo fermarli, e sottoporre a disciplina ferrea i poteri che attualmente hanno mano libera sulla città; poteri che, come quello nominalmente affidato alla soprintendenza, largamente disattendono, per incapacità, ignavia e interesse privato, alla loro funzione istituzionale.

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