Varie | ..:Torna indietro:.. |
A Spasso per Venezia - Divagazioni tra il quotidiano e il ricordo | |
di Alberto Velluti - inviato il 03/03/2001 | |
Non so come ma si è fatta sera, e io, come spesso accade, non ho concluso nulla; un'altra giornata sprecata, buttata al vento. Non so se uscire o meno. Fuori nessuno mi aspetta, non c'è niente che debba comprare, alcun posto dove andare. Eppure una passeggiata mi farebbe bene, mi aiuterebbe a pensare, a trovare nuove idee, nuovi stimoli. Magari incontro anche un amico e mi bevo lo sprisss! Ma sì, dai, metto le scarpe ed esco, mi butto nella mischia. Cari romani, cari milanesi, penso una volta uscito, questo è il vantaggio di vivere in una città come Venezia; eh già voi non lo potete capire, i piccoli piaceri della vita, uscire senza l'angoscia del parcheggio e trovare sempre qualcuno ben disposto a farti compagnia davanti a un'ombra. Intanto comincio già a innervosirmi, alcuni passanti mi hanno tagliato la strada, una coppia di fidanzati è uscita improvvisamente da un negozio e io ho fatto appena in tempo a schivarli, molti mi urtano senza tanti complimenti; ma non ha senso arrabbiarsi, dico tra me, sono in passeggiata, non ho fretta. Tuttavia camminare veloce è diventata un'abitudine così come ormai è un'abitudine quella di provare fastidio quando vengo ostacolato. Un'andatura costante mi facilita la circolazione dei pensieri, e non mi garba che questi vengano continuamente interrotti. Percorro tutta Strada Nuova e, finalmente, ai Santi Apostoli incontro il primo volto amico, beh amico amico non direi però lo conosco abbastanza per potermi fermare con lui. Ci salutiamo e mi dice che ha premura. Niente spritz. Facciamo un pezzo di strada assieme e mi costringe ad allungare il passo ancora di più. Come va, come non va, tanto tempo che non ci si vede, studi o lavori? Ho sempre ritenuto di essere un esperto nel superare i turisti e invece devo ricredermi, lui è molto più abile di me, con permessi e spintoni si fa largo tra la folla tant'è che spesso rimango indietro e le mie risposte cadono nel vuoto. Questi qui, mi dice, sanno solo andare a Rialto e a San Marco, così intasano le strade; bisognerebbe fargli capire che a Venezia ci sono tanti altri posti meravigliosi da visitare. Mi parla degli scorci che ha fotografato, dei rii immersi nel caigo novembrino, di come sia ancora possibile perdersi a Castello. Io gli do ragione, spesso ho avuto anch'io le sue stesse riflessioni così come credo milioni di altre persone, solo che non mi piacciono più nel momento in cui le sento dire da un altro. Ad ogni modo le sue parole mi fanno venire in mente un passo della Ricerca di Proust: quando la marchesa di Cambremer parlando di Venezia dice: “Detesto il Canal Grande e non conosco cosa più emozionante dei piccoli rii”. Accenno a un sorriso pensando che a distanza di quasi un secolo si dicano più o meno le stesse cose, ma ancor più mi sorprende il fatto che la medesima frase possa apparirmi banale o interessante a seconda di chi la dice. Arrivati a San Bortolo l'amico mi saluta. Sono di nuovo solo e senza meta. Potrei benissimo andare a perdermi a Castello invece proseguo per un percorso già fatto migliaia di volte; la stessa strada che prendevo tutte le mattine per andare a scuola e che poi per inerzia ho continuato a fare anche dopo: San Luca, Manin, Sant'Angelo. In campo San Luca non vedo nessuno, dieci anni fa avrei fatto fatica ad attraversarlo tanto era pieno di giovani spritzomani, mentre a Sant'Angelo dopo ampi cenni riesco a ottenere il benevolo saluto di un'amica di mia mamma. Arrivato in campo Santo Stefano decido di andare a sinistra verso campo San Maurizio interrompendo in questo modo il troppo nostalgico tragitto scolastico. Da lontano intravvedo una ragazza piuttosto bruttina che mi sembra di conoscere. Avvicinandomi continuo a guardarla; ora le propongo uno spritz, penso tra me, e sto quasi per allargare le braccia e schiudere le labbra in un sorriso radioso quando mi accorgo di essermi sbagliato e che la mia miopia sta aumentando in modo preoccupante. Lei passa indifferente ma, attraverso la sua affettata impassibilità, riesco a scorgere, seppur lieve, un motto di stizza nei miei confronti che mi procura un insano imbarazzo. “Il solito porco”, avrà pensato, che fissa le ragazze per imbarcarle, oppure: “il solito codardo che guarda, guarda, e non fa niente”. Chino la testa, fingo di mettermi a posto i capelli, e proseguo. Soltanto in calle Ventidue Marzo si placa la mia vergogna e, zigzagando tra giapponesi e vucumprà, giungo infine alla mia meta, sconosciuta fino a pochi attimi prima, ma al tempo stesso, per quanto possa sembrare contraddittorio, agognata: Piazza San Marco. La attraverso tutta e mi fermo davanti alla Basilica. Osservo i mosaici dorati e ho come la sensazione di non averli mai visti. Illustre Madame de Camembert, oh pardon, de Cambremer, son d'accordo con voi: i rii, le callette, i sottoportici, e tutte quelle piccole meraviglie di questa città, però se non ci fosse il Canal Grande se non ci fosse questa Basilica forse non le apprezzeremmo così tanto e, soprattutto, non potremmo permetterci il lusso di formulare frasi tanto chic e controcorrente. Soddisfatto da questa mia arguta osservazione chiudo gli occhi e cerco di imprimere nella memoria i mosaici che ho appena visto. So che dureranno nella mia mente soltanto alcuni secondi, ma poco importa: tornerò ad ammirarli, tornerò a San Marco. Adesso sì mi sento più tranquillo, questa passeggiata mi ha fatto proprio bene; posso andare a casa contento. E lo sprisss? Un'altra volta! |
|
© veniceXplorer.net, 2001 - 2005 |