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ASAC: LO SCANDALO CONTINUA!
di Pietro Bortoluzzi - inviato il 19/11/2005
Pare che ormai nessuno ricordi più il polverone e gli accorati appelli sollevati nella primavera del 2004 per salvare dal degrado e dal trasferimento al Vega di Marghera l’ASAC, l'Archivio Storico delle Arti Contemporanee, che dovrebbe tutelare, conservare e valorizzare il patrimonio documentale della Biennale di Venezia, raccolto dal 1895 ad oggi. Infatti dal maggio 2004 fino ad ora ad essersi mosse pare che siano state solamente alcune lingue e qualche sedia dirigenziale: ma per l’Asac il presente ed il futuro sono sempre più a rischio.

Lo scorso primo settembre il neo-sindaco Massimo Cacciari tuonava contro il neo-direttore dell’Asac Giorgio Busetto, accusandolo di non aver ancora provveduto a trasferire, come deciso, l’archivio al Candiani di Mestre, ricevendo come risposta da Busetto: “Cacciari in campagna elettorale ha sempre parlato del rilancio e restauro dell’attuale sede, palazzo Ca’ Corner della Regina. Una volta rieletto ha cominciato a parlare del Candiani. Non è solo una questione di strategie, c’è un problema anche di soldi. Il rilancio dell’Archivio a regime costerà 15 milioni. Al Vega di Marghera è stata spostata l’opera di digitalizzazione, ma nessuno fino ad oggi è stato in grado di valutare quanto costerà lo spostamento al Candiani, se esiste una struttura adeguata ad ospitarci”.

Il 7 settembre il Presidente della Biennale, Davide Croff, dichiarava: “Quanto all’Asac il sindaco Cacciari ci ha chiesto una mano per il Candiani: il centro culturale, però, non può essere solo Asac e l’Asac non può avere solo il Candiani come sede: il resto deve essere o a Ca’ Corner della Regina (ex sede dell’archivio) o all’Arsenale, dove davvero si potrebbero fare attività permanenti”.

Il 29 ottobre, infine, l’assessore alla Cultura Sandro Parenzo, a margine della presentazione del progetto Veneland (la cittadella del cinema a Marghera), ipotizzava un nuovo possibile utilizzo ed un nuovo destino per il centro culturale Candiani, anche alla luce del fatto che ormai sembra sempre più destinata a naufragare l’ipotesi di trasferirvi l’Asac.

A parte che in mezzo a tutte queste chiacchiere l’inutilizzato Candiani di Mestre continua a costare ai contribuenti veneziani circa un milione e mezzo di euro l’anno, c’è da sottolineare che lo straordinario patrimonio dell’Asac, mentre molti parlano, continua a sbriciolarsi, oltre a rimanere ufficialmente chiuso per restauri (o comunque accessibile solo dopo lunghe trafile burocratiche) da ben dieci anni.

Sperperati nel 2002 quattro miliardi di vecchie lire di legge speciale – che voci ben informate mi dicono essere stati utilizzati per un fallimentare Progetto Speciale Asac, che avrebbe fruttato un database-prototipo per gestire files di immagine via internet sul sito della Biennale, che però non ha mai funzionato e che è stato accantonato (dopo un investimento che, se le informazioni che ho ricevuto sono corrette, dovrebbe essere stato di 970 milioni di vecchie lire), oltre al riversamento in digitale dei film in pellicola, commissionato (pare per 308mila euro) alla ditta SBP di Roma, con la piccola dimenticanza però di farsi consegnare le cassette, che mi dicono riposino ancora al laboratorio capitolino – la verità è che tranne i materiali rimossi dai magazzini di San Basilio e portati al Vega, il 90% del patrimonio archivistico della Biennale continua a rimanere in condizioni precarie a Ca’ Corner.

Dal primo gennaio 2003 infatti a Ca’ Corner della Regina manca la corrente elettrica, la fototeca con 600mila foto giace in una zona-cantiere non climatizzata, decine di migliaia di nastri video rischiano la smagnetizzazione, 200mila volumi di arte, architettura, cinema, teatro e danza sono lì, fermi al freddo, all’umido ed alla polvere da quasi tre anni, col rischio che possa accadere loro quel che capitò nel 2002 alla collezione di periodici e poster, finita semi-allagata, con la conseguenza che furono perdute molte foto di Fulvio Roiter.

D’altronde esempi di malaconservazione dei materiali dell’Asac ci vengono anche dal recente passato: dei circa 900 film in pellicola della Biennale ora depositati alla Cineteca Nazionale di Milano un terzo risulterebbe improiettabile (questo forse anche perché dal 1995 l’Asac oltre a non avere strutture adeguate pare non abbia neanche un vero responsabile di cineteca, bensì un bibliotecario).

Il pensiero che gli autografi di Picasso, Monet, d'Annunzio, Kubrick, Hitchcock, le partiture di Nono, i video di Carmelo Bene, tutta la storia che è passata per la nostra città negli ultimi cento anni (e che è costata miliardi e fatica affinché arrivasse integra ai nostri giorni) possa trasformarsi in una poltiglia di cellulosa non può e non deve lasciare indifferenti. Oltre alle partite a scacchi per le sedi, dalla Biennale e dal Comune di Venezia ritengo che sia lecito e doveroso esigere qualcosa di più per l’Asac.

Pietro Bortoluzzi

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