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12 Maggio 1797: il giorno della memoria
di Pietro Alvise Gaggio & Edoardo Rubini - inviato il 12/05/2006

Per i Veneziani, il 12 Maggio 1797 è di sicuro il “giorno della memoria”.
In quel giorno la Veneta Serenissima Repubblica fu colpita a tradimento, finendo coinvolta suo malgrado in una guerra continentale che mise in gioco non mere questioni confinarie o di prevalenza politica, ma i principî stessi della Civiltà in Europa.
Dopo oltre mille anni di storia gloriosa, fatta da uomini che ancora oggi si ergono a esempio per saggezza e capacità di gestione della cosa pubblica, oggi ci resta vaga testimonianza di quella Civiltà, attraverso le opere d’arte e la stessa immagine della Città, che ci sono state tramandate e che il mondo intero ci invidia.
La nostra coscienza ci obbliga a rivolgerci a Voi Giovani Veneziani, eredi di questo immenso tesoro, perché capiate l’importanza delle radici culturali e della storia: sono le vostre basi per il futuro.

Ma torniamo a quei giorni. Il 12 maggio il Maggior Consiglio della Serenissima Repubblica si riuniva per sancire la propria abdicazione, in un’atmosfera tesissima. Le possibilità di resistenza armata erano svanite e si compiva ogni sforzo per evitare il saccheggio e la distruzione della città da parte dei Francesi.
“Sarò il nuovo Attila”, aveva preannunciato minaccioso il Bonaparte, allora promettente generale agli albori della sua carriera.
Introdottosi con la sua armata in Terra Veneta, cercava ogni pretesto per giustificare i suoi soprusi. Doveva con ogni mezzo impadronirsi delle nostre terre, da usare come merce di scambio con l’Austria: a essa le aveva promesse un mese prima, a Leoben (Stiria). La sua mira era barattarle con la zona del Reno, che non era riuscito a conquistare sul campo di battaglia.
Che vigliacco: e pensare che la nostra (autenticamente) democratica Repubblica era stata quasi l’unica a riconoscere la Repubblica Francese, e sempre con quella Nazione si erano coltivati rapporti d’amicizia!
Dunque, divenuta quasi impossibile la difesa militare, il Patriziato emanò una serie di atti con cui non cedette certo la Sovranità, ma con cui passò le consegne a una rappresentanza cittadina provvisoria, venendo a un compromesso con l’occupante, che accusava la Repubblica di tirannide e pretendeva come mutamento costituzionale che si desse il potere al Popolo. Così fu fatto. Il grido di “Viva la libertà”, lanciato da un traditore in combutta con i Francesi, finì a vuoto su una Piazza San Marco che già raccoglieva il popolo in armi, per respingere gli invasori (sedicenti liberatori).
L’incauto agitatore dovette correggere il suo grido in un “Viva San Marco” (per evitare il linciaggio), cui tutti prontamente risposero. Fu il segnale di una violenta reazione popolare. Poco dopo le 17.00, il tumulto del Popolo, degli Arsenalotti e di un’infinità di Bocchesi, armati di fucili e palosci snudati andavano inneggiando a San Marco, protestando che non volevano né Francesi né cambiamento di Governo. Una folla di Veneziani prese a Castello tre Insegne di San Marco, che portò in Piazza. S’innalzarono i gonfaloni alle cime dei tre stendardi che furono piantonati da vari armati per custodirli e difenderli, perché nessuno osasse toccare il glorioso emblema. Bandiere marciane vennero alzate nei principali campi della città. Un sentimento d’ira agitava il Popolo contro i traditori e fautori della rivoluzione.
Già nel pomeriggio dello stesso giorno cominciarono le devastazioni delle case di quei reietti e sciagurati.
Contro la montante marea controrivoluzionaria il responsabile della forza pubblica Bernardino Renier fece uso della massima violenza, per riportare l’ordine. Milizie italiane furono disposte in Piazza San Marco e in altri siti della città; ben quattro pezzi di artiglieria furono collocati sul piazzale del ponte di Rialto per impedire il passaggio al Popolo tumultuante. Ma già lo stesso 12 maggio, il manipolo militare agli ordini della Municipalità fece fuoco contro Cittadini Veneziani e Schiavoni con il cannone caricato a mitraglia, cui seguì una scarica di moschetti, cagionando un numero incerto di morti (tra i 7 e i 17), e ed un ben maggiore numero di feriti gravi.
Così le armi furono usate dal nuovo governo giacobino non contro il nemico, ma contro i Veneziani stessi.

Per coloro che vorranno saperne di più su questi tragici eventi, sabato 13 maggio alle ore 9.30 presso la Scuola Grande di San Teodoro (Campo S. Salvador) si terrà un Convegno sul tema: “Il 12 Maggio 1797 e la devastazione dello Stato Veneto”, con relatori il N.H. Alvise Zorzi e il prof. Giuseppe Gullino.

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