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Il futuro di Porto Marghera e l'isola di Tezze
di Andrea Baso & Umberto Sartory - inviato il 14/09/2006
Nelle foto: L’immensa discarica di Tezze e un barcone di detriti dall’incerta destinazione.


Alla fine la Dow Chemical chiude, la voce circolava da più di due anni, e ora ci si trova davanti a enormi problemi.

È molto probabile che il ritiro della Dow Chemical segni la fine di Porto Marghera come Zona Industriale.
Complesso e costosissimo è infatti il sistema di servizi necessario ad alimentare una simile Zona. Si pensi alla rete di bacini idroelettrici e di canali che forniscono a Marghera energia e acqua. Solo un colosso mondiale come la Dow poteva permettersi gli investimenti in manutenzione necessari.

Ma i colossi mondiali se ne vanno: l’Italia è ormai un paese con un rischio di islamizzazione troppo alto perché l’Impero Centrale possa lasciarvi tecnologie strategiche aggiornate come la chimica e il nucleare.

Marghera è con ogni evidenza destinata a diventare un cumulo di macerie industriali sopra terreni che sono tra i più inquinati al mondo.

Facile immaginare la destinazione d'uso a cui sarà adibita dal sistema vigente.

Nessuna impresa locale, per quanto grande, ha possibilità di mantenere l'area industriale, e a un qualsivogla mutamento nella destinazione d'uso si oppone il costo spaventoso delle operazioni di disinquinamento dei terreni.

Conoscendo l'indole delle correnti e passate amministrazioni, siamo convinti che Porto Marghera potrà da queste solo venire trasformata in una grande discarica.

Infatti per fare questo legalmente sarà sufficiente piantare un poche di parancole in acciaio e far finta di niente, come è già stato fatto per il "Parco" di San Giuliano.

Lascio all’antica esperienza dei Veneziani con le pantegane, calcolare quanto tempo può resistere un isolamento in plastica o ferro all’indefesso lavoro sotterraneo dei dentini di questi simpatici animaletti, che infestano a milioni la gronda lagunare, oltre al Centro Storico.

Del resto a chi bazzica la laguna non sarà sfuggito che questa operazione è già in atto.

Negli ultimi due anni l'isola di Tezze, quella a ridosso del Petrolchimico, si è innalzata di ben sette metri: quotidianamente l’isola si arricchisce di migliaia di metri cubi di detriti dall'incerta provenienza.
Ufficialmente si tratterebbe dei fanghi di scavo dei rii e del Canale dei Petroli, ma qualcuno dovrebbe spiegarmi, allora, come mai il barcone che vedete nella foto in basso, si allontanava carico da Tezze fino a imboccare il Canale della Giudecca. Chissà quale genere di “detriti” trasportava, e chissà dov’è andato a depositarli?.

Qualcuno può in coscienza affermare di fidarsi di chi controlla la manipolazione dei rifiuti pericolosi? Se pensa di poterlo fare, richiami alla memoria il recente scandalo delle centinaia di cavalcavia, tra cui quello dell’Arcella a Padova, costruiti con scorie di idrocarburi e metalli pesanti. Fanghi che venivano prima pagati dallo Stato per il disinquinamento e allo Stato venivano poi rivenduti tali e quali come materiale da terrapieno…

Così al mostro che per decenni ha avvelenato aria e acqua coi suoi miasmi se ne va sostituendo uno che inquinerà le falde profonde con il percolare dei suoi liquami.

Questo futuro appare ineluttabile finché perdura la fiducia del Popolo in amministratori inefficienti e asserviti al sistema dei partiti anziché al Bene Comune.

Ma questo futuro potrebbe essere altro se i Veneziani sapessero tornare all'amore per la loro città, se si impegnassero a esprimere uomini e sistemi nuovi da offrire a quell'enorme riserva di energia e di possibilità che è l'amore per Venezia sparso nel mondo.

Uomini e sistemi nuovi, perché è impensabile che lo sforzo mondiale necessario a ripulire l'area di Porto Marghera e salvare Venezia dal completo dissolvimento in gesso, possa venire affidato ad “amministratori” che hanno già ampiamente provato al mondo il loro modo di gestire i fondi raccolti per la città dalla Venezianità mondiale.

Non sono passate che poche settimane dall'inchiesta pubblicata sul Times in merito.

Disinquinare e riqualificare Porto Marghera è una impresa ardua che diviene possibile solo a patto che si rinunci a usare i lavori pubblici allo scopo precipuo di sovvenzionare i partiti.

Si dovrebbe poter garantire che lo sforzo finanziario da richiedere al mondo sarebbe utilizzato allo scopo e non finirebbe in gran parte nelle tasche del sistema partitico, come purtroppo abbiamo ampiamente dimostrato di fare dal dopoguerra in poi.

Sono necessari uomini e mentalità nuove, un altro livello del potere pubblico che sia in grado di governare le parti e non esserne fatto a brani.

Il Comitato di Salute Pubblica a Venezia, riportando Venezia e il suo Bene Comune al di sopra degli interessi di parte, offre questa speranza ai Veneziani.

La speranza di un porto grande e moderno per traffici commerciali, collegato tramite vie d'acqua e ferrovia con il Nord Est e con tutto il Nord Europa.

Porto grande e moderno anche per le navi da crociera che non possono piu passare per il Bacino di San Marco e attraccare a Venezia mettendo a rischio la stabilità e la statica dell'intera città a causa della solfatazione provocata dalle emissioni inquinanti e dall'enorme spostamento di volumi d'acqua che devastano le isole.

In sessant’anni nessun “amministratore” di partito ha saputo dare alla città un porto degno della storia e della tradizione marinara di Venezia.

L'attuale “classe dirigente” si accapiglia, finge di far continuare, chiamando in causa l'ENI, la produzione chimica, con la falsa preoccupazione di 5.000 posti di lavoro e con una sola verità: salvare potere dirigenziale, politico e sindacale sempre sulla pelle dei lavoratori e sull'integrità statica di Venezia.

Ma l'isola di Tezze già ci dice che cosa sarà capace di fare questa cosiddetta classe dirigente, e quali sono i suoi veri progetti per Porto Marghera.

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