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ARREDO URBANO
di ENZO PEDROCCO - inviato il 25/10/2006
Anche chi non vi è stato sa che a Londra le cabine telefoniche sono diverse da quelle di qualsiasi altra città e che ciò è dovuto all’esigenza, che ogni città che si rispetti non può non porsi, di conservare quanto più possibile la propria specificità, a dispetto dell’incalzare della “modernità”, evitando di inserire nel proprio tessuto cittadino elementi che possano rivelarsi incompatibili o stridenti con l’insieme. A Venezia, inspiegabilmente e paradossalmente, tutto ciò non avviene.


DALLE SOLUZIONI ESTEMPORANEE E CONTINGENTI
ALLA RICERCA E PROGETTUALITA’ IN UN QUADRO D’ INSIEME
UNITARIO E COERENTE


L’ arredo urbano veneziano, lungi dall’essere, quale a rigore dovrebbe essere, il complemento logico e coerente di un supposto e ben definito disegno urbanistico e architettonico di Venezia, è piuttosto un coacervo indecoroso di elementi eterogenei e contrastanti fra di loro, derivante dagli innumerevoli inserimenti attuati nel corso degli anni senza troppo sottilizzare sulla loro effettiva compatibilità e coerenza con l’ insieme - limitandosi semplicemente a tener conto, in genere, soprattutto della loro utilità pratica - complici delle norme disciplinanti la materia affatto inadeguate, che andavano e andrebbero assolutamente riviste.

Le cabine e le colonnine telefoniche, i cassonetti e i contenitori per i rifiuti, i pontili dell’A.C.T.V., i semafori, le nuove edicole, la segnaletica direzionale – per non citare che alcuni degli inserimenti summenzionati – sono tutte cose delle quali sarebbe sciocco negare l’utilità, ma in ognuna di esse, pur sforzandoci, stenteremmo a rilevare il benchè minimo sforzo di armonizzazione con lo specifico contesto veneziano.

E lo stesso dicasi, ahinoi, per quella miriade di inserimenti dovuti per lo più al privato cittadino, oltremodo variegati nella loro tipologia e capillarmente estesi un po’ in tutta la città, quali, fra gli altri, le insegne dei locali pubblici, le targhe e i campanelli delle abitazioni private, gli arredi dei plateatici etc. Al di là della loro utilità pratica, anche in tali inserimenti, infatti, risulterebbe piuttosto vano – nonostante tutta la nostra buona volontà - tentare di scorgervi un qualsivoglia tentativo di armonizzazione con il contesto in cui sono inseriti.

Perché, alla stregua di quanto hanno già fatto da tempo parecchie città europee, anche Venezia non provvede a dotarsi di un settore progettuale e di ricerca a cui demandare il compito di ripensare criticamente – possibilmente in un quadro d’insieme, unitario e coerente – non solo l’arredo urbano, ma anche i suoi spazi pubblici e le proprie attrezzature, al fine di migliorare la sua qualità di vita e, soprattutto, di ritrovare il decoro e la coerenza dell’insieme di stagioni migliori?

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