- Paradiso
(Ponte, Calle del)
- a S. Maria Formosa. Vorrebbero alcuni derivare questi nomi dalla patrizia famiglia
Paradiso, ma non si trova in alcuna cronaca che essa qui possedesse stabili, o fosse domiciliata. Né si ha
memoria che essi derivino da qualche altra famiglia non patrizia del cognome medesimo, poiché anche quel
pittore Nicolò, il quale in un suo quadro colla data del 1404 si chiama «Nicolaus Paradixi», ed in un
accordo del 1419 fra i Padri dei SS. Giovanni e Paolo, e la confraternita dei «Ligadori» del Fondaco dei
Tedeschi, «Nicolò Paradiso depentor», era, secondo la sentenza dei più riputati scrittori,
Nicoletto Semitecolo, e si sottoscriveva «Paradiso» soltanto perché abitava, come è espresso in
un altro suo quadro, «in capite Pontis Paradixi», cioè in questa località. Inoltre la
denominazione data da un tempo più antico, ed in alcuni documenti del secolo XIV queste strade non si
appellano «di ca' Paradiso», o «del Paradiso», ma semplicemente «el Paradiso». Per tali ragioni
noi sottoscriviamo più presto all'opinione del Dezan e d'altri, i quali sostengono che le strade medesime si
dicano «del Paradiso» per la magnificenza onde solevano adornarsi ed illuminarsi nelle principali
solennità della chiesa, e specialmente nel Venerdì Santo, tanto più che qui non havvi
deficienza di sacre memorie, essendo le due ali di case, che formano la «Calle del Paradiso», congiunte sopra
il ponte da un arco, ove scorgesi scolpita l'immagine della B. V. con alcuni divoti a' suoi piedi.
Venendo a parlare di quest'arco, che forma tuttora l'ammirazione dei cultori dell'Arti Belle,
esso è decorato da una parte dall'arma Foscari, che ancora poco fa scorgevasi sopra la porta d'una casa
ora rifabbricata sul rivo, e dall'altra parte dall'armi Foscari e Mocenigo. Infatti sappiamo che, avendo
Pellegrina Foscari q. Michiel contratto matrimonio nel 1491 con Alvise Mocenigo «dalle Zogie» q. Tommaso,
i beni di lei passarono in proprietà dei Mocenigo. Perciò esso Alvise Mocenigo notificò nel
1537 ai X Savii sopra le Decime, per conto d'Antonio, Francesco, e Michiele suoi figli, i «beni di cha
Foscari», fra i quali, oltre il palazzo a S. Marina, al «Ponte del Pistor», eranvi «case n. 26
in la contrà di S. Maria Formoxa nel luogo detto el Paradiso», ed un'altra casa «in
contrà de S. Lio». Da ciò si ricava che non al secolo XIV, ma bensì alla fine del
secolo XV, deve attribuirsi il lavoro dell'arco indicato, essendo esso forse una riproduzione d'altro arco
anteriore, oppure avendosi voluto nell'architettarlo seguire uno stile più antico, e relativo alla
«casa da statio» a cui esso s'attacca. Che se, a qualunque modo, si voglia giudicarlo nel secolo XIV,
convien dire in tal caso, che almeno gli stemmi sieno stati rimessi, il che non pare.
Non è improbabile poi che tutte le case suddette, od almeno alcune di esse, appartenessero
più anticamente alla abbazia di S. Maria della Pomposa, vicina a Comacchio, poiché presso l'altro
arco, che sta a cavaliere della «Calle del Paradiso», verso la «Salizzada di S. Lio», leggesi la
seguente iscrizione, ora corrosa dal tempo: mccccvii die ult. de zugno, fo comenzado queste caxe soto misier don
andrea abado de pomposa gastoldo pier zane de conteris.
Ora racconteremo un aneddoto qui successo nel 1368. Una sera di quell'anno certo «Lorenzo di
Bonfazio della seda» picchiò all'uscio d'un certo Leonardo da Conegliano, suonatore, «qui
morabatur in Paradixo in contracta S. Leonis», avvisandolo che verso giorno egli ed altri amici
sarebbero venuti a prenderlo per fare una mattinata in contrada di S. Gregorio. Arrivata l'ora opportuna, tutti
infatti vanno dal suonatore, e mentre questi scende le scale, e s'avvia colla comitiva, Lorenzo nascondesi in
casa, e tenta la di lui moglie Armellina. Essa, aperta la finestra, grida ai vicini, fa fuggire il seduttore e,
ritornato il marito, gli racconta l'avventura. Leonardo monta sulle furie, e vuol querelarsi alla giustizia, ma
gli amici cercano di calmarlo, facendogli osservare che alla fin fine le cose non erano procedute oltre i limiti
d'un semplice attentato. Il buon uomo però non crede, e solo s'accheta quando Lorenzo va in chiesa di S.
Giovanni Grisostomo, accende un doppiere, e giura sulla sacra pisside di non aver avuto commercio
coll'Armellina, e d'essere pentito della tentata intrapresa. Leonardo perciò gli permette di nuovamente
frequentare la propria casa, ma ohimé! che reduce un bel dì da Treviso, sente dai vicini aver il
mariuolo commesso adulterio colla moglie, e questa fra le lagrime gli confessa di non aver potuto resistere alle
seduzioni di Lorenzo, e d'aver giaciuto seco lui quattro volte, tre in casa, ed una da un calzolajo ai SS.
Apostoli. Le «Raspe» dell'«Avogaria» non dicono come rimanesse il povero marito; registrano
soltanto che Lorenzo, mediante sentenza 28 febbraio 1368, M. V., venne condannato a due anni di carcere con
cinquecento lire di multa; l'Armellina a due mesi di carcere colla perdita della dote; ed i compagni di Lorenzo
a sei mesi di carcere con cento lire di multa.
Quanto alle altre strade di Venezia, che portano il nome «del Paradiso», nemmeno esse
ricordano alcuna famiglia «Paradiso», mentre il «Sottoportico e Corte del Paradiso» presso la
«Ruga Giuffa» di S. Maria Formosa erano detti anticamente «dell'Inferno», e ben si vede che in
tempi posteriori si vollero con miglior augurio ribattezzati. La «Calle» poi «del Paradiso»,
confluente alla «Riva del Vin», si appellò, senza dubbio, da una farmacia all'insegna del
«Paradiso», che sopra quella riva esisteva. Un Teodoro Balbi notificò nel 1661 di possedere la
«metà d'una bottega da spicier da medicine nella contrà di S. Silvestro, sora la Riva del Vin,
tenuta in affitto da Francesco Raffali spicier al Paradiso». Leggesi inoltre nel «Giornale
Solario» di Gioachino Burani, stampato in Venezia nel 1794: «Verso le ore due della notte susseguente
la giornata dei 25 novembre, l'anno 1753, un improvviso ed impetuoso incendio distrusse quattro abitazioni
presso la Riva del Vino, a Rialto, unitamente a due botteghe, una di venditore di ferramenta, e l'altra
dello speziale di medicine all'insegna del Paradiso, da cui acquistò il nome la contigua calle,
soggetta alla contrada di San Silvestro».
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