Critica propositiva per il Critico creativo

intervento di U. Sartori su:

"Diaspora: arte, pubblico e dintorni della comunicazione"

di A. B. Oliva

A.B.O.> La fine del ventesimo secolo e del secondo millennio, questa seconda decade degli anni novanta, è dominata dalla tensione strabica di un doppio movimento: globalizzazione e tribalizzazione.

U.S.> Ben lei vede, Achille. Per quanto, volentieri sostituirei individuazione a globalizzazione. Ciò che la telematica induce è la consapevolezza della propria individualità nell'ambito di un organismo più vasto, la rete.

Su questa via, la trasformazione indotta è quella di una sempre più accurata precisazione delle individuali caratteristiche e dei propri strumenti tecnologici per divenire indivisibili, indi visibili, dalla rete stessa. Questo vale innanzittutto per gli artisti, ma il fenomeno si allarga a quasi ogni nuovo utente: qualunque sia il suo interesse principale, hobby o filosofia, egli tenterà di proporne una fotografia personalizzata nella sua home page.

Quindi fortemente dissento quando più sotto afferma:

A.B.O.> Da una parte lo sviluppo tecnologico, la telematica, tende ad unificare ogni tipo di produzione industriale ed artigianale, economia e cultura; una forte interdipendenza condiziona lo sviluppo della società, ponendola sotto il segno della omologazione . Un trend orizzontale guida le dinamiche produttive ed assottiglia i tentativi di differenziazione del prodotto e, conseguentemente, del relativo produttore.

U.S.> Ho evidenziato omologazione poiché, pur in contesto errato, esprime un corretto eveniente.

Si omologa nel senso preciso del termine: si ottimizzano e precisano i protocolli per la comunicazione. L'indispensabilità di questo atteggiamento nell'ambito telematico si travasa anche negli altri settori: per comunicare dobbiamo avere un linguaggio condiviso, codificato e codificabile. A maggior ragione il computer diviene magister artium.

Non vi è riduzione di varietà conseguente a questa omologazione, solo diminuzione della quantità di caos ammissibile a tutto favore di un ampliamento dell'area di chiarezza e cosmos.

Ne convengo, anche riduzione della possibilità di manovra per chi come e spesso peggio di lei, ha usato mischiare fumo ai magri arrosti che si trovava ad ammannire. Magri dal punto di vista strettamente artistico, s'intende, ma aromatizzati dal critico con l'insondabile abilità del suo stile. Non dico questo per polemica ma citando ciò che ricordo di aver letto tra le righe di "Minori Maniere".

A.B.O.> La globalizzazione minaccia il carattere di identità, elimina il tentativo di personalizzare l'esistenza. Ecco allora la risposta, spesso reazionaria e regressiva, della tribalizzazione, la ripresa dei nazionalismi, degli integralismi e dei valori di stanzialità. Al macroevento dello sviluppo tecnologico l'uomo risponde con il microevento della propria esistenza, legato alla resistenza stanziale ed alla negazione dei minacciosi microeventi di altri individui limitrofi.

U.S.> No, perché come gia detto di individuazione si parla e la globalizzazione è uno stato di consapevolezza organica conseguente, altamente auspicabile: io, individuo del pianeta terra.

La tribalizzazione viene da lei arbitrariamente collegata in causa effetto alla telematica. In realtà ha radici più antiche questa sua recrudescenza. Come lei giustamente nota altrove, non si può più parlare di tribalismo su base geografica, l'aggregazione dei gruppi avviene in base a una teoria della forma e alla cultura da essa ispirata, solitamente in veste di usi, costumi e codici di comportamento.

Una teoria della forma precisa e ampiamente condivisa ha permesso la lunga sopravvivenza di grandi comunità, gli Imperi, fino diciamo all'Impressionismo. L'intuizione di un mondo di luce cui non necessariamente la materia si contrappone, integrandovisi invece, ha scavato i fornelli per la dinamite futurista e dada. L'Accademia e la sua asfittica teoria della forma sono saltate.

Prego notare che nel volgere di pochi anni e decenni dietro a Lei sono saltate le grandi strutture imperiali che vi si informavano.

L'arte ha distrutto e ora è pronta per ricostruire. Ma ha obiettivamente abbandonato l'uomo a se stesso per quasi un secolo. In questo interregno di anarchia gli Imperi si sono sfaldati nei loro feudi e da ogni parte persone forti e condottieri come lei hanno tentato la scalata alle province più ricche. Metaforicamente parlando, s'intende.

Non è corretto restringere il concetto di tribù agli slums e ai gruppi di giovani così come non lo è riferirvisi in termini di nazione e religione. Questi ultimi sono per definizione enti in fuga dal tribalismo, sono tappa verso la globalizzazione. E sono i primi a essere minacciati dal tribalismo stesso. Questo si annida in fenomeni tanto inveterati da risultare irrilevati allo sguardo quotidiano. I partiti, le logge, i gruppi di collezionismo sono tribù. Ce li sorbiamo da prima che il primo mainframe facesse girare i suoi nastri e lei è senza dubbio uno dei capi-tribù più influenti.

In assenza di una canonica da interpretare, lei come altri vi ha sostituito il gusto personale e l'acume dell'intelligenza sostenuti dalla forza di carattere e dall'abilità linguistica.

Ma, appunto, lei come altri; con il risultato di una teoria della forma disomogenea e non fondata su valori propri dell'arte, bensì su acrobazie intellettuali e talvolta solo sintattiche.

Quella che lei chiama globalizzazione è effetto dell'arte che riprende il suo posto alla guida informativa dell'uomo. Questa volta con gli strumenti tecnici e concettuali per la costruzione di comunità più vaste di quelle conosciute in passato.

Questa lettera è un attestato di stima personale per il suo fiuto e la sua intelligenza che la portano non a caso ad essere, tra i primi del suo mondo, presente in qs nuova realtà, e ha a sua volta valore informativo.

A.B.O.> Ecco che già sottraiamo l'arte, l'operazione creativa alla dittatura del discorso sulla telematica, tecnologia, elettronica, cibernetica, ecc.

U.S.> In verità questi sono proprio alcuni degli strumenti tecnici del Nuovo Rinascimento artistico... chissà cosa penserebbe di quelli concettuali e se vorrebbe sottrarre all'arte anche quelli.

Eppure potrebbe, da osservatore lei sì laterale e potenzialmente ostile, e da uomo di potere qual'è divenire importante veicolo dei contenuti che gli artisti del Nuovo Rinascimento sono in grado di offrire.

Prenda questo come un invito, lei che ha già vinto la sfida di trasformare illusionisticamente la mediocrità altrui in arte, potrebbe ora porsi al servizio della vera arte e dei suoi solidi valori che esplodono in questa primavera neorinascimentale.

 A.B.O.> Non esiste coscienza intellettuale dell'arte, piuttosto quella dell'opera d'arte capace di formulare una visione del mondo ben oltre il suo artefice.

U.S.> Suggerirei che questa affermazione sia indotta dal campione di "artisti della decomposizione" da lei osservato. Il compositore, al contrario, pone molta attenzione alla consapevolezza intellettiva del suo operare, nell'ambito della "ratio" attuale. Il "compost" putrefattivo è maturato, potrebbe essere tempo anche per lei di lasciare la concimaia per la cura dei fiori che ne sono spuntati.

A.B.O.> Gli artisti operavano in un laboratorio artigianale di immagini che doveva rappresentare la differenza rispetto al prodursi del quotidiano, resistenza della qualità rispetto all'invadenza della quantità.

U.S.> E ancora così fanno, gli artisti, né smetteranno mai di fare.

A.B.O.> Dunque l'artista dimentica a memoria i procedimenti tecnici che adopera.

U.S.> Sono indeciso tra l'ossimoro e l'anacoluto, ma la frase è simpatica.

A.B.O.> Il risultato è la costruzione di un ordine formale, visibile resistenza morale proposta verso un esterno caotico e frammentario. ...

...    Vedere per credere? In un tempo in cui non sembra esserci spazio per credenza alcuna, ecco riapparire il sospetto laico di un tempo migliore, trasparente e semplice, permissivo ed invitante all'introspezione e alla possibilità di organizzare il quotidiano in una forma rispondente allo sguardo interno di una coscienza che salda in uno spazio comunitario l'artefice dell'arte e il suo gratificato beneficiario.

U.S.> Per concludere, anche qui lei vede molto chiaramente. E il sospetto è invece bagliore di perla che sluce nello schiudersi delle valve...


Venezia, giovedì 10 aprile 1997

Umberto Sartori, pittore.

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