Aldo Vianello |
POETI | M N R |
Io sono amaro come il verde: ragione sorda ai morti del tempo. Amo la creta, il sole dei giorni. Io vedo come sempre sperduto negli spazi. Forse il mio libro è un giorno. Meglio essere morto quando il nulla traspare nel mare della speranza. |
Per aver dato lo spirito alle nubi l'uomo fece un salto nel buio, dove la memoria è un diluvio che ha rinnovato il sale del mondo. Dal suo carro di fuoco Dio vide la creatura alla deriva. Non pianse né staccò l'indice dal rubinetto che inondò le Alpi. Lo scandaglio della mitica nave ha fatto il solletico al dragone. Ma il suo timoniere cantò alle folgori: "Non avrete il meglio di ciò che si ama. D'ogni mio passo fra le torri abbandonate al digiuno dei corvi, non vi sarà data che la polvere". Dal meno antico al moderno diluvio, altri Noè alzarono la voce per una risposta di solo vento. Dal buon silenzio di calda semenza, Natura, gravida serpe, verrai di nuovo a forzare lo scoglio dei miei freddi natali. Dominerai ancora i marmi sognanti, mare che hai portato un leone alla gloria. Da fanciullo scalzo, con te alle ginocchia ho portato un uomo sulle spalle. Quando verranno gli esploratori degli abissi la mia città si bagnerà di stelle. |
Un uomo che lanciò una palla di cuoio lungo lo scoppio degli applausi, centrando la rete come un pesce dalle branchie azzurre, può ancora sognare di essere un dio fra il cielo e i navigli, che tagliano montagne di mare. L'uomo che non è mai stanco di essere uomo avrà sempre una massima che va oltre il tempo, al di là del suono rimasto a soffiare la noia in una conchiglia. Sorto dalle vigne dietro le case di un paese, il fiore del suo passato brilla nei figli. |
La radice del mio sangue, fuoco sulle braci ravvivate con il fiato, era di bei colori sulla pece: barca illuminata dagli occhi di chi mi ha dato i baci, le mammelle, i pochi bei anni della mia vita. Nel cielo dipinto sulla vela, un sole pieno di brio era come le guance... gonfie di fiato: ero un angelo che suonava il flauto al maestrale. L'argine della Brenta era la palestra dei cavalli e di me: dalla prua alle spalle, una corda faceva il passo corto come le mie brache da fanciullo. Per lo spingere la barca piena di mattoni o di sabbia, con la spalla appoggiata sul remo o vogando come mio padre, io ero già uomo in attesa dei baffi... Un giorno la punta del remo lungo mezzo "burcio" scivolò da una pietra, e la mia testa in tuffo spezzò il ghiaccio del canale vicino a Chioggia. A prua, mescolando la farina, un fumo di legna marcia faceva gli occhi rossi. A poppa, i sogni erano coperti con i buchi del cappotto e della vela. Venezia è un bene da baci grazie alle perle di sudore dei giovani e anziani delle isole benedette da Maria. Io, da bambino (l'ho già cantato), non ero meno di loro Il vino bruciava le mie rotelle, tanto che i manici della carriola li facevo "affaticare" come un arco in direzione di una fetta di luce bianca... Non avevo tempo per i giochi sul prato: il silenzio della fatica non poteva dimenticare i nodi della mia voce, che morsicava la lingua e le labbra! Balbuziente più di me non era neppure il temporale. "Li amissi" della spada di legno, con il ghigno dei primi attori imitarono la mia disgrazia. Però la poesia mi ha fatto uscire da un pugno di solitudine. Mi accompagna fin dove il tempo si fa eterno. |
Da una gamma di suoni freddi come la cupola di San Lorenzo, il Prometeo Luigi Nono ha sbattuto la fronte sulla menzogna di un partito. La falce si è rotta, il martello più non canta... Ma ci sarà sempre un dio non più alto di una bandiera. Nel sogno di pietra soffocato è un ruggito! Con il "volto" incorniciato da quella fitta selva che fa beato il gorilla, Vedova, Massimo e MinCulPop, fanno volare sopra la mente un paradiso di solo pane... Credono che il futuro del canto intorno al Sole sia destinato a finire. Finiranno i loro abissi più antichi del mondo. |
Pubblico quest'ultima poesia di Aldo non senza una attenta riflessione.
Non siamo soliti ospitare operette e libelli politici o polemici.
Il nostro interesse va all'arte che inventa e costruisce, ma questa
poesia di Aldo vale una ammonizione.
Con il coraggio della fierezza essa esprime il grido di indignazione dell'arte veneziana per gli abusi commessi in suo nome.
Chi conosce la città di Venezia e i suoi artisti sa anche che nessuno più di Aldo Vianello è degno e ha diritto di alzare la voce e il dito a mostrare la luna a chi, evoluzionista convinto, percorre Darwin a rovescio. Nessuno più di Aldo, con la sua vita di sacerdozio e sacrificio per l'arte, con la sua ascetica e nobilissima "povertà" ha diritto di ammonire i servitori del vitello d'oro.
Alla sua voce, con le sue parole, voglio unire la mia, forte di un più che ventennale impegno per la rinascita artistica di questa citta'.
Umberto Sartori