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Strategia di Lavoro per la Repubblica: attualità del modello veneziano
di Umberto Sartori - inviato il 16/05/2011 (letto 3639 volte - 0 commenti)

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Strategia di Lavoro per la Repubblica: attualità del modello veneziano

L'attualità del Modello Civile Veneziano

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I Veneziani sono anche consapevoli che il deviare dalla retta via virtuosa, la quale consente loro la dignità Repubblicana, è fonte di smarrimento, dolore e disperazione per l’individuo e per il Popolo tutto.   Già nella citata Legge per l’abolizione della tratta degli schiavi del IX Secolo, La Repubblica, per bocca del Doge, indica ai Cittadini come superare la turbolenza interna che travaglia la Democrazia nascente:   “...si emendaverimus dimittet nobis peccata nostra...”.  Se ci correggeremo, ci saranno rimessi i nostri peccati.

Ecco ancora applicato il nuovo principio imperiale cristiano cui avevo accennato riguardo l’evoluzione veneziana del concetto di Impero: “Governati per unire”.   Sii di esempio, attrai la benevolenza dei Popoli con la Giustizia delle Leggi e l’efficienza nell’Amministrazione.   Ottieni questa Grazia governando le tue azioni secondo la morale universale cristiana.
“Se ci correggeremo, ci saranno rimessi i nostri peccati”.

È un atteggiamento, quello del severo autoesame di coscienza, che accompagna la Repubblica per tutto il suo splendore, come conferma la pratica dei monumenti votivi, devozionali e penitenziali, tuttora riscontrabile nell’edilizia cittadina e di Terraferma.

Ogni catastrofe e calamità viene affrontata come segno tangibile di un peccato commesso contro Dio, la Natura e l’Umanità: in questi frangenti, i Veneziani reagiscono su un doppio fronte:

da un lato il fronte scientifico e tecnologico in applicazione della massima religiosa “Aiutati che Dio t’aiuta”:   così una pestilenza viene affrontata cercando i migliori medici e creando misure di igiene pubblica stabili e straordinarie, o una guerra scegliendo i migliori condottieri e i più sottili fra i Diplomatici;

dall’altro il fronte morale che coinvolge, a fianco degli specialisti, la totalità dei Cittadini impegnata collettivamente nell’identificazione del peccato, nel pentimento e nella riparazione attraverso la produzione di Opere, a loro volta collettive, per magnificare la Gloria di Dio, abbellire la natura, alleviare le condizioni degli uomini.
Le innumerevoli Opere votive popolari sono ancora, pur forse per poco, qui a testimoniarlo: dalla sontuosa Basilica della Salute, all’austero tempio del Redentore, al più umile dei capitelli erratici.

Ho introdotto la riabilitazione storica della struttura Repubblicana di Venezia come la prima indicazione strategica per un sincero lavoro politico repubblicano ai giorni nostri.
Dal confronto con la vera Storia dell’Antica Repubblica, può sorgere in ciascuno l’indicazione dei peccati che di tale modello ci hanno reso e ci rendono ancora oggi indegni.
In molti ciò fara sorgere anche spontanei interiori suggerimenti per meglio emendarsi da quei peccati nell’ottica di riacquisire la dignità di Cittadini Repubblicani o per meglio assolvere i propri doveri verso la Repubblica.

La seconda indicazione strategica è quindi operare perché il Popolo si riavvicini alla consapevolezza morale e civile della propria responsabilità, nella determinazione del destino collettivo e nella protezione del Bene Comune Repubblicano.

Un aspetto ancora oggi rilevante della religiosità veneziana è questo convincimento che l’uomo sia fautore del suo destino di fronte a Dio, alla Natura e a sé stesso.   Il corso degli eventi planetari, umani e politici è governato dalla legge del contrappasso.

L’espiazione è sempre possibile, prima della tragedia, ove compiuta sinceramente e con cuore unito.   Ogni Religione Salvifica insegna questo all’Uomo, e con particolare intensità lo insegna la Religione Cristiano Alessandrina evangelizzata da San Marco, da cui promana la Repubblica di Venezia.

Che la Repubblica di Venezia abbia applicato in tutta la sua Storia il Principio cristiano del pentimento e della riparazione per mezzo delle Opere, deve essere tenuto come un dato di fatto indiscutibile.   Si tratta per la Repubblica di un principio fondamentale di Igiene Pubblica: mens sana in corpore sano.
L’educazione della mente di un Popolo è ciò che stabilisce il livello di Civiltà che tale Popolo può conseguire.

Il livello di civiltà della Repubblica prevede la più raffinata educazione mentale ed emotiva del Popolo, sinora realizzata dall’Uomo.   Per ogni Repubblica è essenziale che l’intelletto spirituale del Popolo si mantenenga puro abbastanza da privilegiare i godimenti metafisici derivanti dalla pratica delle Virtù, cui appartiene il piacere d’Amor proprio nell’autostimarsi persona onesta e leale, affidabile e cosciente Cittadino di una Repubblica.

Questi sentimenti morali devono prevalere al mero godimento sensuale, per non accettare di perdere i primi nell’effimero e sempre più inappagabile lenimento del secondo.

La possibilità di trarre soddisfazione dai godimenti metafisici e di usare questa sensibilità per potenziare anche la percezione sensoriale, è innata in pressocché ogni uomo, ma non in egual misura è distribuita per nascita la capacità di soddisfarsene.

Lo Stato Repubblicano deve produrre esempi e strutture educative adatte a formare nei giovani la consapevolezza metafisica dell’idea Repubblicana. A tale consapevolezza è indispensabile la capacità di godere del pensiero religioso, dell’emozione estetica e dell’intima gioia data dalla Bontà. Parimenti indispensabile la specifica educazione del giovane Cittadino per aprire la sua mente e il suo cuore al senso di Giustizia, all’imparzialità e al giusto senso di tolleranza civile, religiosa ed etnica.

La Repubblica che fu Serenissima per 800 anni, provvedeva all’edificazione dell’autostima del Popolo attraverso specifiche Istituzioni, ritualizzazioni sacre cicliche e grandi opere votive pubbliche in cui era esplicito il movente di devozione popolare.
In questo modo si garantiva una base di Cittadini capaci in ogni momento di rivestire l’Autorità di una Carica e di amministrarla con mente impersonale, saggia e retta.


L’illuminismo, con la sua natura superstiziosa e tirannica, ha agito in molti modi per oscurare questa necessità religiosa della Repubblica, separando in ogni campo la conoscenza tecnico-scientifica, oggetto delle sue brame materialiste, dalla Sapienza religiosa e tentando di sostituire alla devozione Divina il culto di totem e idoli conoscitivi.   Primo tra questi la “Ragione”, ultimi arrivati il “bigbang”, la “teoria dei quanti” e persino la “teoria del caos” o quella del “pensiero debole”.   Un vero e proprio pantheon di feticci della Ragione che si va dettagliando più che non siano le Divinità degli Indù, ma privo della profonda religiosità che contraddistingue quel Popolo e che lo fà essere monoteista pur in quella varietà di raffigurazioni.

Questa incompletezza dell’atteggiamento mentale illuminista è già insita nel nome del suo idolo principale: “i lumi della Ragione”.
La Ragione altro non è che una parte del Tutto.
Ratio significa infatti porzione, razione: è quella parte del Tutto che all’uomo è dato di percepire e investigare. In quanto “razione”, postula un Tutto maggiore di sé nel quale la Ragione si espande con l’Opera dell’Uomo. Questo concetto tradizionale di Ragione non sarebbe in sé limitante, poiché include ogni percezione umana e riconosce il valore della Fede Divina in tutto ciò che a Lei sfugge.

Ma assai più rinsecchito è il legno in cui l’illuminismo intaglia il suo Totem.   La ragione illuminista restringe il tutto a sé stessa e per di più nell’accezione più volgarmente sensoriale del termine percezione.   Ponendo la Religione quanto più possibile fuori dalla vita politica e mondana, e relegandone l’insegnamento in una tasca separata da quella della Civica Educazione, l’abbaglio illuminista ha attutito nel Popolo la sensibilità ai campanelli d’allarme della Natura.

Sguarnito il fronte educativo e devozionale dell’Intelletto a tutto favore di quello tecnico scientifico, il Popolo si trova sempre più smarrito in sé stesso e sempre meno in grado di affrontare correttamente l’intensificarsi dei messaggi naturali e dei richiami spirituali che travagliano il pianeta.

Il totem pseudo-scientifico tarlato e marcescibile dell’illuminismo ha ampiamente dimostrato e sta dimostrando innanzittutto in Italia la sua inadeguatezza a formare Cittadini Repubblicani, ma non è l’unico agente che rende oggi difficile coltivare la serena religiosità del Popolo.

Abbiamo infatti dall’altro lato coloro ai quali l’illuminismo ha lasciato i “resti” delle Scienze da lui smembrate, primo tra questi la Chiesa Cattolica Romana, cui spetterebbe il compito di prendersi cura dello Spirito degli Italici e non solo.

Questa Chiesa non si è formata ab origine sulla sinergia con lo Stato Repubblicano, ha anzi teso sempre a emanare e sostenere strutture civili informate alla Monarchia.   Ne è prova la figura stessa del Pontefice Unico, dove molte altre antiche Comunità Cristiane vedevano questo ruolo in ogni Patriarca.

Nonostante la caduta del primo e più forte baluardo Repubblicano, ovvero il Popolo di Venezia, l’evoluzione già da quello intrapresa ha continuato in tutto il mondo il suo ineluttabile corso verso le strutture Repubblicane e democratiche, rendendo i riti e le forme monarchiche Cattolico-Romane, sempre più obsolete e inefficienti al loro compito.   Per questo oggi quella Chiesa è sempre più incapace di mantenere la sua funzione di centro di gravità civile con l’infondere ai giovani Fede sufficiente a sostenere i Valori morali necessari alla Dignità di Cittadino.

Per suoi difetti intrinseci, la Dottrina Cattolico Romana è sempre stata esposta a decadimenti d’immagine, di autorità e di dignità che le hanno causato costanti conflitti interni e che hanno talvolta provocato conflitti fra Popoli.   Sono in evidenza le prove che tale Dottrina è pesantemente contaminata dall’insistere del suo potere sacerdotale in pratiche connesse alla stregoneria sessuale, come l’astinenza obbligatoria dei sacerdoti, e a quella più propriamente negromantica dell’incutere terrore fisico e spirituale.

Sia quindi chiaro che quando voglio portare in luce fra le necessità attuali della Repubblica quella di una Chiesa Cristiana non solo “libera in libero Stato”, ma a Questo teneramente abbracciata, non mi riferisco all’impostazione cattolico-romana, bensì a quella specifica religiosità cristiano-alessandrina del Popolo che seppe emanare la forma aristocratica della Repubblica Veneta e che per certo è ancora viva nella mente e nel cuore di tanti sacerdoti del Clero Veneto e anche di quello Romano.

Una religione senza setta, al momento pressocché priva di ritualità formali e costretta quasi alla clandestinità.   Clandestina però forse anche nel petto stesso di sempre più neofiti e aspiranti alla redenzione, come lo fu la Fede cristiana in tanti altri uomini al tempo dell’Evangelizzazione.

Ho sviluppato più a fondo e in dettaglio il tema in “Storia Morale di Venezia”, ma giova ricordarlo per sommi capi.
La Chiesa Veneziana Cristiano Alessandrina è una religione di tipo morale e non speculativa.
Essa si occupa di curare e sviluppare l’uomo secondo l’insegnamento morale di Cristo, ponendo le sue discriminanti sul comportamento civile dell’individuo e non sindacando le sue intime convinzioni e raffigurazioni religiose.

L’insegnamento Cristiano Alessandrino è forse meglio noto a molti come Chiesa Universale, o come concetto di Comunione Naturale degli Uomini di Buona Volontà. L’implementazione veneziana di questo sistema di pensiero religioso può essere paragonata per inclinazione politica alla Dottrina Confuciana: le accomuna l’attenzione posta sulle virtù e sul merito di Cittadini e Funzionari.

L’atteggiamento religioso è la prima e la principale Lezione che noi moderni repubblicani possiamo apprendere dalle Pietre della Repubblica Veneta, per testimoniare nei precordi dei suoi Popoli e produrne il risveglio spirituale.

Il riconoscimento in questa Religione morale è conditio sine qua non per la qualifica di Veneziano.
Non si è oggi Veneziani per diritto di nascita o di abitazione, ché Venezia è Territorio oppresso e occupato da barbari.

Essere Veneziani, oggi, significa partecipare a una classe di pensiero e sentimento affine a quella di chi questa città meravigliosa ha saputo creare e mantenere Serena per Secoli.    Significa appartenere in pectore a un Ordine laico eppure religioso dedito al culto e allo sviluppo della Repubblica cristianamente intesa, alla diffusione e alla difesa delle sue idee e testimonianze.

Quanto qui dico per la qualità di Veneziano, vale per chiunque voglia prendere esempio dall’esperienza repubblicana di Venezia in ogni Città o Paese d’Italia e del Mondo.
Dell’attenzione all’Igiene Morale necessario, propria di ogni Religione salvifica, vediamo infatti i frutti nella Repubblica di Venezia, frutti che sono auspicabili per qualsiasi Popolo anche ai giorni nostri.

• Il Territorio era magistralmente governato per il suo miglioramento.

• Il Popolo era felice del suo Governo, concorde al punto di meritare l’attributo mondiale di “Serenissimo”.

• Non vi era oppressione fiscale ma comune e ragionevole contributo dei Cittadini alla grandezza della Repubblica secondo le proprie possibilità.

• Il sistema Giudiziario era particolarmente efficiente. Se è vero che allora vi fosse minor numero di cause e contenziosi è anche vero che oggi sono straordinariamente più efficaci e veloci le tecnologie per esaminarli e risolverli.

• L’amministrazione dello Stato non conosceva corruzione e inefficienza.

• Le scuole preparavano ed educavano gli allievi alla vita operosa e civile.

• L’Autorità Veneziana era presa a campione per rilevanti funzioni dell’economia mondiale, come il titolo dell’Oro, la valutazione dei diamanti e dei più pregiati manufatti.

• Nella struttura sociale erano ben interlacciate da sinergia le funzioni di competenza della Chiesa con quelle di competenza dello Stato.


Lo Stato Veneto si interfacciava inoltre con grande successo con il panorama mondiale della Politica Estera, producendo soluzioni mediative che evitarono molte guerre, anche se non sempre seppero interdire i tragici errori delle Grandi Potenze Monarchiche.

Ai Veneziani ancora si ascrivono l’invenzione delle Compagnie commerciali e dei loro sistemi amministrativi, nonché l’aver avuto parte determinante nella creazione della prima rete moderna di pacifico commercio mondiale.

Sono caratteristiche di prestigio e di qualità della vita che rendono più che auspicabile il profondo studio dell’antico modello Veneziano.   Un modello civile che non è tramontato con l’invigliacchimento degli abitanti, ma che è ancora oggi più moderno, efficiente e civile di quello realizzato e rappresentato dall’attuale “Repubblica” Italiana.
Indispensabili, anche se dolorose, le virgolette, poiché al tempo in cui scrivo sono all’ordine del giorno le alienazioni di Beni Comuni Repubblicani a turpe lucro dell’una o dell’altra tra le fazioni che, ciascuna e nel loro insieme, si dimostrano incapaci non solo di amministrare e sviluppare efficacemente la Civiltà e la Dignità del Popolo, ma anche di mantenerne vivo e indivisibile il Patrimonio.

Abbiamo visto la struttura portante del modello Veneziano nell’atteggiamento religioso del Popolo, ma in Venezia possiamo leggere altre impostazioni di carattere generale della Repubblica che sono costantemente attuali per il suo benessere.

• La struttura di ogni Comunità, identificata sulla base dell’omogeneità territoriale sia prevista come oggetto di libera scelta da parte dei Cittadini di quella Comunità e sia collegata alle altre nel concetto, nelle strutture e nei protocolli di una vera e propria rete neuronale.
Questa struttura era già possibile al tempo degli Antichi Veneziani e sarebbe oggi tanto più applicabile, grazie ai network informatici e alle loro implementazioni teoriche.

• La scelta dei delegati con l’assegnazione del voto non sia fatta in base a promesse o contratti, ma soltanto in base alla valutazione delle qualità di abilità, esperienza, affidabilità e onestà del Candidato nella sua vocazione al servire la Repubblica.
Molti diranno che sono poche le persone davvero degne di questi doni di fiducia da parte di loro Elettori.   Infatti gli uomini politici che un popolo secerne devono essere pochi e molto efficienti, così come pochi ed efficienti, fatte le debite proporzioni, devono essere i Pubblici Funzionari.

• A nessuno sia concesso di identificarsi a lungo con una Autorità decisionale della Repubblica. Le Cariche decisionali e quelle di controllo democratico siano a rotazione annuale e soggette a eguale o maggiore contumacia.

• A tale scopo, procuri la Repubblica di educare quanto più possibile ogni Cittadino e quanti più Cittadini possibile nel culto metafisico della Repubblica e nella semplicità delle sue Leggi, sì da poter contare su un congruo numero di individui preparati ad assumere in prima persona, ma in nome della Repubblica che portano nel cuore, decisionalità politica in merito alle materie in cui abbiano affinate le proprie abilità e inclinazioni.

• Sia applicato con rigore il rapporto biunivoco indissolubile di Autorità Pubblica e responsabilità personale.

• Come anche sancisce la moderna Costituzione Italiana, l’esercizio del potere sia legato e condizionato al Territorio e alla Popolazione che lo esprime. Gli uomini che tale potere esercitano devono rimanere fisicamente, oltre che moralmente, vicini a chi li esprime alla Carica.   Non deve essere loro consentito organizzarsi in fazioni o partiti e devono anzi adoperarsi perché tali fenomeni antisociali non abbiano a sorgere nella Popolazione in seguito a malintesi o malintendimenti.

Oltre a questi e altri principi assoluti della Repubblica, possiamo apprendere dalla Storia di Venezia anche metodologie operative, alcune delle quali, come i sistemi incrociati di controllo democratico, neppure necessitano di aggiornamenti significativi.
Ho ragionevolmente esposto Venezia come specchio fedele e desolante del malcostume contemporaneo e come modello storico di riferimento per l’educazione alla Repubblica.   Essa è adatta a suggerire e ricoprire anche funzioni più prettamente operative.

Prima però di affrontare ogni indicazione in questo campo, è opportuno fare brevemente il punto sulla situazione del Comitato di Salute Pubblica a Venezia, che ha permesso e promosso l’elaborazione di questa Strategia di Lavoro per la Repubblica e che si scioglie ufficialmente oggi 15 Maggio 2011, con questa mia dichiarazione, consenzienti gli altri Membri.
Tale scioglimento è intenzionalmente dichiarato prima della pubblicazione delle indicazioni operative offerte dalla Nuova Strategia di Lavoro per la Repubblica, poiché in esse non è più previsto il Comitato stesso.


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