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Strategia di Lavoro per la Repubblica: attualità operativa del modello veneziano
di Umberto Sartori - inviato il 27/05/2011 (letto 3855 volte - 1 commenti)

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Strategia di Lavoro per la Repubblica: attualità operativa del modello veneziano

Ho modificato le prime due pagine di questo Capitolo già pubblicate nell'articolo precedente, spero non vi sia di troppo disturbo il rileggerle.

Preleva la versione in pdf di questo documento



Attualità Operativa del Modello Veneziano

La varietà di culture e tradizioni del nostro Paese deve essere fonte di forza e unità d’intenti anziché di debolezza e divisione.

Quella stessa varietà rende aleatorio ogni tentativo di “svolta nazionale”.   Non esiste un riassetto morale e civile del sistema Italia che possa essere operato dall’alto, modificando in una sola operazione il sistema nazionale, che è estremamente complicato e sempre più inefficiente, e la Dignità Repubblicana dei Cittadini.

Questo vale anche per le varietà culturali, linguistiche e talvolta etniche che connotano le singole Regioni e Province.   Ciascuno di questi insiemi amministrativi, infatti, è di natura astratta e spesso arbitraria, in quanto non corrisponde direttamente a una configurazione territoriale omogenea.

Il problema è complesso: l’Insegnamento veneziano ci impone la già enunciata regola informatica di cercare la soluzione scomponendolo nei suoi “Semplici” significativi.

Dalle analisi effettuate in questa regola con lo Spirito che animò la Repubblica di Venezia, emerge conferma che l’attuale Stato Italiano non può essere modificato d’un tratto e nella sua interezza in ordine al ricondurlo all’ovile del Buon Governo.

Il problema insolubile di una tale riorganizzazione dell’intero sistema nazionale è posto in evidenza dalla congerie di sottosistemi ridondanti interlacciati, spesso alimentati da variabili estremamente volatili che il sistema presenta.
Questi sottosistemi sono supportati dalle delinquenze di partito nello scope delle loro clientele elettorali e al contempo svolgono funzioni che sempre più a fondo osteggiano le Istituzioni di Difesa della Repubblica, oltre ad assorbirne gran parte delle risorse.

Tuttavia questi stessi sottosistemi attualmente coinvolgono larghi strati della Popolazione, volente o nolente, non è quindi ragionevole pensare che possano venire eliminati con un colpo di spugna prima che se ne sia ben compresa e fatta comprendere al Popolo la nocività sociale ed economica.
Il problema va affrontato e si tratta di un problema di potere politico.

Esaminato nei suoi “Semplici”, il potere politico nella forma repubblicana appare fondato sul governo dei “Territori”, ovvero aree geografiche omogenee per struttura dei luoghi, quindi per le problematiche connesse. Tali aree sono in genere contraddistinte anche da specificità culturali e linguistiche.

Questo “Semplice”, come abbiamo visto nei Capitoli precedenti, era chiaro ai Veneziani quanto e più di quanto lo è nella Costituzione della Repubblica Italiana.

Pur “semplice”, il Fondamento territoriale espone tre categorie principali strettamente pertinenti lo scope del potere politico:

- Il Territorio fisico, con tutto ciò che pertiene alla buona gestione del territorio e delle sue risorse.
- La Popolazione, con i suoi sottoinsiemi naturali catalogabili; in questo scope è primario lo studio strutturale di quel particolare sottoinsieme che nella Civiltà Repubblicana assume gli obblighi e gli oneri di controllo del sistema e decisionalità politica interna e internazionale.
- L’Identità culturale, patrimonio cui si abbevera l’Amor proprio del Popolo e di ciascuno dei suoi Cittadini.

Un altro requisito della prassi informatica è che si realizzi un ambiente in cui il nuovo programma, ovvero una nuova soluzione, possa affrontare il suo collaudo.   Ci si riferisce a questa procedura con il termine inglese di “beta testing”.

Così come non si intraprende la costruzione di una Cattedrale senza prima realizzarne uno o più modelli in scala, e così come si testa un programma in un ambiente delimitato per meglio poterne osservare e correggere gli errori, a maggior ragione è opportuno far agire i “Semplici” di un programma politico innanzittutto in un “Semplice” territoriale specifico e osservabile.
Viene qui naturale proporre Venezia non solo come fonte di Insegnamenti repubblicani, ma anche come il “semplice” territoriale più adatto al collaudo di quel riattualizzato senso repubblicano del Popolo che la Strategia di Lavoro per la Repubblica vuole suscitare.

Venezia sintetizza in questo momento tutte le ragioni e le possibilità di un effettivo mutamento.   È realtà piccola a sufficienza da essere gestibile nella fase sperimentale del riattualizzato sistema di Governo repubblicano e al tempo stesso, per la sua imponente rete di interessi territoriali, commerciali e culturali, è complessa a sufficienza da mettere a buona prova qualsiasi “nuova” classe dirigente e qualsiasi sistema di gestione del Bene Comune.

Non bastasse, in assenza di questo o altro esperimento salvifico, la Città e la sua Laguna appaiono condannate alla distruzione.

Torniamo dunque al come una visione politica repubblicana moderna può aggiornare il sistema politico necessario alla Vita Civile della Nazione e alla sopravvivenza di Venezia traendo insegnamento dai principi della Sua Antica e Serenissima Repubblica.

Si tenga ben presente che l’esperimento come qui descritto si intende da applicarsi nei “Semplici” territoriali già accennati, la cui Natura e le cui proprietà verranno in seguito meglio specificate.   Questa esposizione in particolare è impostata al “Semplice” Territoriale della Laguna di Venezia.

Si tenga altresì presente che questi suggerimenti politici hanno mero valore ideologico, rimanendo subordinati in ogni possibile sviluppo operativo, al risveglio della coscienza popolare alla Dignità Repubblicana, che è e deve rimanere il primo impegno operativo di ogni Cittadino Repubblicano.

Vi sono alcuni Principi di gestione del Bene Comune, fra quelli che ho esposto ed esporrò, che possono apparire anacronistici o impossibili da realizzare ai giorni nostri.   Questa “impossibilità” non è però implicita ai Principi stessi, né dipende da una qualche loro carenza intrinseca.

Abbiamo visto infatti quei Principi in ottima efficienza nella Serenissima Repubblica per un numero di Secoli abbastanza lungo da garantire sulla loro atemporalità.

Parlo dei Principi, ma questo, come vedremo, può valere anche per talune forme organizzative dello Stato.

La condizione odierna della repubblica Italiana è invece chiara dimostrazione che l’”impossibilità” risiede proprio nel mantenere una Repubblica non applicando quei Principi.   Essi sono semplici e irrinunciabili.

La ragione e l’evidenza dei fatti mostrano che se la Dignità Repubblicana può da alcuni essere ritenuta un sogno, la perdita di quella Dignità è per certo l’incubo reale sempre più oscuro in cui stiamo vivendo nella Repubblica Italiana e non solo.

Quando dunque sentirete sorgere in voi il senso disfattista, magari anche velato di nostalgia, se i miei suggerimenti faranno affiorare alle vostre labbra frasi come: “sono solo parole”, “magari si potesse...” o “è solo un bel sogno”, sappiate che non state esprimendo una fondata e ragionata opinione personale.

Attraverso quelle frasi e quegli stati d’animo si manifesta in voi il condizionamento involontario prodotto dalle campagne di “lavaggio del cervello” che abbiamo descritto nel Capitolo sulle “Violazioni dei partiti alla Costituzione”.

Come avviene questo condizionamento? Falsificando i dati diffusi alla Popolazione.
Vi sono vari modi di falsificare i dati, e per certo la delinquenza di partito non arretra di fronte ad alcuna di queste ignobili maniere, inclusa la costruzione di notizie false e l’alterazione di quelle vere, ma la più grave e di più vasto effetto condizionante è quella di spostare i dati fuori dal loro scope.

Un chiaro esempio di questa tecnica “pubblicitaria” sono le notizie relative ai casi di criminalità, diciamo, “comune”, per distinguerla da quella endemica e disorganizzata dei partiti e soprattutto per distinguerla dai fatti relativi ad arcaiche Società di gestione del potere territoriale, da tempo superficialmente descritte dallo stato italiano come “criminalità organizzata”.

Mi spiace dovermi dilungare in un'argomentazione che esula dallo studio del modello veneziano, ma per esporre quello è indispensabile disarmare ogni forma di disfattismo condizionato.

Mettiamo dunque che, nel paese A, il giorno TOT del mese di Z anno YYYY, un essere umano X, nel misterico potere di libero arbitrio che contraddistingue questa specie, ne uccide un altro, magari per ignobili motivi. Trattandosi con X di persona solitamente metodica e prudente, il suddetto non trascura di suddividere il cadavere in colli di misura facilmente trasportabile e li immagazzina opportunamente sigillati in un congelatore, in attesa di trovare loro più definitiva sistemazione.

Questa la notizia, che in sé veicola una serie di dati sia di fatto, che morali e statistici.   Per molti aspetti, in termini informatici, possiamo dire che la notizia è la funzione che organizza quei dati in informazione.   Come ogni funzione, la notizia ha un suo proprio scope, ovvero l’ambiente in cui la notizia assume e restituisce i suoi dati in forma congrua e consistente, quindi significativa.


La cattiva notizia dell’azione di X ha per Natura e per fortuna uno scope che inferisce congruamente poche centinaia, a volte solo decine di persone, quelle che per ragioni di vicinanza ai fatti ne sono direttamente investite.

Tra queste, nonostante i possibili forti coinvolgimenti emotivi o l’impegno professionale, l’aspetto morale e statistico dei dati mantiene e conferma una percentuale con cui l’atto criminale rientra in quelle proporzioni di aberrazione umana che il Popolo dovrebbe saper al contempo comprendere e controllare.

Di questa sensibilità del Popolo alle gravi devianze ho avuto personalmente prova: negli ultimi dieci anni, in una zona ristretta della Terraferma veneziana, si sono verificati tre episodi di omicidio imputabile a “raptus” di gelosia.
La zona interessata comprende più di duemila abitanti, e tre casi in dieci anni costituiscono quindi una percentuale pressocché irrilevante dal punto di vista numerico.
Eppure la sensibilità morale del dato ha attivato diffuse interrogazioni, anche fra gli abitanti dei Paesi immediatamente limitrofi, sulle ragioni di tale insolita concentrazione del fenomeno.

Torniamo al nostro gelido X: ha ucciso un altro umano in un preciso luogo, a una certa ora di un giorno specifico. L’evento è unico e irripetibile e grazie al Cielo viene raramente imitato. Il dato è locale e si diluisce in un excursus temporale che ne rende le estrapolazioni morali e statistiche pressocché insignificanti.

Un uomo su decine di migliaia della sua generazione che ha manifestato attitudine omicida non è sufficiente a supportare alcuna considerazione sullo stato generale dell’Umanità in merito al praticare omicidi e dissezionamenti per ignobili motivi.
In condizioni naturali non deviate dalla comunicazione di massa, la maggior parte dei Cittadini potrebbe passare forse l’intera vita, senza entrare direttamente nello scope di una funzione pertinente un omicidio con dissezionamento.

Cosa diviene la notizia efferata nelle mani dei manipolatori di masse? I risciaquatori di cervelli nelle acque putride di partito la trattano esattamente come un impresario teatrale d’altri tempi trattava i suoi “fenomeni da baraccone”.

In primis viene addobbata con allegorie di fantasia atte a renderla al contempo appariscente e ambigua.  Il lavaggio di base si compone di due parti semplici, diciamo il Sapone e la Tavoletta, ma quando il bucato è grosso, subentrano vere e proprie macchine industriali a fornire ammorbidenti, sbiancanti, smacchianti, tinture e trattamenti biodegradabili per la notizia prescelta.

Si insinuerà che i tranci di cadavere, da indiscrezioni, risultano al Sapone essere stati accuratamente pepati secondo la tecnica altoatesina dello speck. Dalle stesse indiscrezioni, la Tavoletta dichiara di aver appreso che erano invece salati secondo la maniera moderata del prosciutto di Carpegna.   Sapone e Tavoletta dispongono, oltre che dei mass-media, di reti di attivisti disposti a giurare di aver praticamente assaggiato rispettivamente il Carpegna o lo speck.

Questa differenza di speziatura dell’ingrediente può apparire insignificante, ma già getta le basi per la divisione dell’audience popolare: speck o prosciutto, se ben affettati, potranno poi farcire due o più opposti schieramenti di colpevolisti e innocentisti.

L’opinione pubblica, bombardata quotidianamente da fette di speck e prosciutto in rapide fasi alterne dai media e dagli attivisti disseminati nei luoghi di lavoro, di cultura e di svago, sarà sostanzialmente confusa, disinformata e priva quindi della possibilità di esercitare il raziocinio che caratterizza il Buon Senso.

Così i manipolatori di massa avranno portato la loro maceria quotidiana all’ammasso che ha trasformato l’obsoleto assioma “Divide et Impera” nell’attuale “divide et arripe” (dividi e arraffa).

Ma non è questo il più grave degli “aggressivi chimici” di cui si avvale il lavaggio del cervello.   La peggiore falsificazione del dato risiede nella sua moltiplicazione e nell’inoculazione in scope diversi dalla sua congrua pertinenza.

Il manipolatore di massa farà dunque in modo che l’evento avvenuto il giorno tale all’ora tale si ripresenti alla vivida esperienza dei sensi nel domicilio di ciascun cittadino, abitasse pure a migliaia di chilometri di distanza dal fatto stesso.

Nella rappresentazione ipnotica e post-ipnotica indotta dalla televisione, rafforzata da continue suggestioni a stampa e a voce, l’evento omicida viene moltiplicato numericamente nel subconscio.

Un dato che investe una percentuale molto vicina allo zero della Popolazione, nel teatrino ipnotico viene imposto come determinante per il 100% dei Cittadini, e giunge a occupare densamente lassi di tempo anche molto lunghi dell’attenzione pubblica.

A suon di ritrovarsi i tranci sanguinolenti più volte al giorno in cucina, in salotto e in camera da letto, a colazione col giornale, in auto dalla radio, in casa al televisore, il Cittadino medio finisce col rallegrarsi di non trovarli, almeno, effettivamente nel proprio freezer domestico, impacchettati tra il luccio pescato dallo zio Carlo e i radicchietti montani di zia Rosa.

In questa moltiplicazione ed estraniazione del dato, la percezione dei suoi valori reali in termini statistici e morali si smarrisce. La quantità di omicidio percentuale diviene mastodontica nella percezione ipnotica, che non trova difficoltà nel trasferirla a vaste aree del subconscio.

Ecco da dove viene quel “magari si potesse!” di tanti disfattisti. Da una suggestione profonda ma falsificata che propone in automatico un’idea malvagia dell’uomo, l’immagine di un pianeta in cui l’omicidio ignobile è quotidiana e continua dimestichezza.

Il subconscio, oltre a quella di immondezzaio della coscienza, ricopre funzioni importanti della vita, soprattutto per quel che riguarda gli istinti profondi come la percezione del pericolo e le reazioni di sopravvivenza. Con la RAM mentale ingombra di false immagini e dati duplicati, ogni richiamo a una vita ragionevole e libera del’uomo viene falsificato da innumerevoli riferimenti fantasma installati sulla base del singolo omicidio di X.

Come potrebbe un'Umanita così impregnata di omicidio aspirare a una vita armonica e fraterna?

La frase “magari si potesse” è in realtà pronunciata dalla voce di “chi” ha creduto di vedere non uno, ma mille X assassinare per ignobili motivi, ogni giorno e in ogni luogo grazie alla riproducibilità mediatica dell’evento.

Quel “chi” non riferisce a individui, ma al subconscio di ciascuno.   Questa area dell’interiorità umana non esercita il discernimento ragionativo dei dati proprio delle aree raziocinanti e conscie. Essa riceve e immagazina impressioni dal circostante per ritrasmetterle sotto forma di pulsioni atte all’integrazione con l’ambiente.
Scorrendo le pagine nell’archivio virtuale della sua esperienza, il subconscio trova innumerevoli record relativi alla pericolosa circostanza archetipica “omicidio”.   Il subconscio non si avvale di discriminanti come il nome dell’omicida o della vittima, che appartengono a una logica sovrastrutturale; riconosce invece il significato di “omicidio” in quanto pertinente a “pericolo”.

La sua base dati di impressioni registra I.E.:
record 1 - *nascita* (del figlio del proprio fratello);
record dal 2 al 12 - *omicidio* (appreso dal televisore);
record dal 13 al 20 - *omicidio* (appreso da giornali e radio);
record 21 - *bontà* umana (un cittadino interpellato in strada ha voluto fornire indicazioni stradali cordiali ed esaurienti);
rekord dal 22 al 47 - *omicidio* (sul titolo del giornale in autobus e nelle comunicazioni con i compagni di lavoro);
record 48 - *bontà* umana (la moglie ha preparato ottimi gnocchi a pranzo);
record dal 48 al 55 - *omicidio* dal telegiornale e nella conversazione con la moglie.

Si tratta sempre dello stesso omicidio, ma questo il subconscio non è in grado di saperlo: il suo bilancio, nel nostro pur approssimativo esempio, presenta 52 impressioni di *omicidio* su 55. La pulsione risultante non può che essere diffidenza verso il genere umano, atteggiamento di difesa e quindi di chiusura a ogni ipotesi collaborativa e sociale non indispensabile.

“L’uomo è intrinsecamente malvagio” reitera il pubblicitario infame nelle orecchie del Popolo. A opera di questi amorali professionisti dell’illusione, X non ha ucciso una sola volta. ma uccide ogni giorno per settimane o mesi... Torna talvolta nei salotti di noi tutti a reiterare il prorpio crimine persino anni dopo il fatto vero, con servizi speciali, approfondimenti, sconvolgenti e intriganti nuovi retroscena: “Si rafforza la tesi del prosciutto, ma non è di Carpegna: Parma rivendica la marca di sale del pacco trovato nel freezer della morte”. Per simili revival i registi pubblicitari infami non esitano talvolta a riunificare Tavoletta e Sapone: “Si apre la pista indiana: nel freezer della morte le analisi negano sale e pepe ma trovano tracce di curry”.

Queste battute di umorismo macabro non sono gratuite.

Succede infatti che l’eccessiva iterazione mediatica di posizioni incompatibili finisca col provocare indifferenza negli opposti schieramenti: i sostenitori del prosciutto, totalmente convinti, smettono di prestare attenzione alla propaganda alleata e a maggior ragione a quella avversaria, ed ecco presentarsi la necessità di una nuova spezia, il curry appunto, che spiazzerà gli uni e gli altri ridestandone la curiosità e riportandoli nel dominio dei manipolatori.

Il tragico “gioco” teatrale ha talmente preso la mano ai suoi registi che questi sono giunti a formare un vero e proprio jet set di “criminali di successo” trovati idonei a riscuotere con più intensità l’attenzione del pubblico. I fenomeni da baraccone divengono allora vere e proprie “stelle” oscure nel firmamento dell’editoria, dei talk-show, del cinema e persino dell’Amministrazione Pubblica.

Quella esposta è una dinamica di condizionamento subconscio adatta a diminuire la stima verso la condizione umana e quindi anche verso se stessi.   È innegabile che il persistere e l’intensificarsi di campagne di questo tipo abbia favorito il diffondersi di abitudini criminali “minori” in sempre più larghi strati della popolazione.
L’apparente endemicità del crimine più grave spinge molti all’indulgenza in e verso quelli valutati meno gravi.

Questo fa sì che dietro alcune risposte disfattiste più ciniche si inserisca una componente derivata dal condizionamento collettivo del subconscio fin nel personale specifico.

Si tratta di quegli uomini che il condizionamento ha degradato al punto che essi non posseggono più autostima ne rispetto di sé, e che ormai usano il condizionamento stesso in modo quasi cosciente per nascondere, a sé stessi e agli altri, l’ignavia e i vizi che hanno lasciato attecchire in loro e che li fanno sentire impotenti e indegni non solo della vita civile repubblicana, ma della Speranza stessa.

Questo stato d’animo rende gli uomini che gli soggiacciono inadatti alla figura di interlocutori in una Strategia per la Repubblica, ma non si deve incorrere nell’ulteriore abbaglio demagogico che essi costituiscano la maggioranza del Popolo.

La maggior parte dei disfattisti sa ricondursi o può essere ricondotta alle reali proporzioni dei fatti attraverso il ragionamento, la corretta argomentazione e la diffusione di informazione veritiera e testimoniabile. La spaventosa sequela di impressioni negative che il subconscio ritrasmette può essere sovrascritta da atti coscienti della Volontà raziocinante dell’individuo.

La pratica dell’intelletto porta infatti a espandere grandemente l’area del conscio e del suo controllo selettivo nell’area mentale, che si trova alla nascita in condizione quasi completamente subconscia.

Il conscio sa, se vuole, riassegnare al truce omicida il luogo irrilevante che gli compete nella valutazione dell’Umanità, sà ancora sfatare i fantasmi malevoli e serenamente aggregarsi in circoli virtuosi con altri sodali umani.
Il solo Motoclub cui sono iscritto basterebbe, con i suoi oltre cento soci amichevoli, solidali e cordiali in ogni ora di ogni giorno e per molti anni, a riabilitare percentualmente l’Umanità dal bieco dissezionatore X di quel lontano giorno TOT dell’anno YYYY.

Ma non è certo con il solo Motoclub Mestre che intendo sostenere la mia affermazione ne installare gli opportuni interlocutori e attuatori di questa Strategia.

Ho accennato ai circoli virtuosi dopo aver dovuto spendere migliaia di parole per descrivere quelli viziosi.
Molte meno parole saranno necessarie a descrivere queste forme sociali e civili, perché la virtù splende di luce propria, innanzittutto, inoltre non abbisogna occuparsi dei complicati sottosistemi che schermano le carenze intrinseche ai circoli viziosi.

Facile quindi parlare dei circoli virtuosi: basti dire che essi sono formati da uomini che reciprocamente si riconoscono fiducia e stima nella vita privata e lavorativa entro i parametri civili repubblicani, cioé i valori di onestà, lealtà, affidabilità, competenza, efficienza, umiltà, culto del bello e del ben-fatto.

Loro caratteristica, ereditata dalla Repubblica matrice, e quella di essere sistemi sinergici, ovvero capaci di produrre in ogni campo, da quello agricolo a quello industriale o religioso, risultati che superano la semplice somma delle parti individuali del sistema.

I circoli virtuosi sono dunque circoli altamente produttivi, dove invece abbiamo ampiamente dimostrato che quelli viziosi sono entropici, cioé consumano più risorse di quanto riescano a produrre.

A causa dell’attuale impegno nel lavaggio e tinteggiatura dell’opinione pubblica, i circoli virtuosi non godono di molte occasioni nelle impressioni lanciate mediaticamente al Popolo.
Anzi massimo sforzo i partiti impiegano nell’ignorarli e suggerire l’idea che si tratti di fenomeni sociali marginali, quasi patologici in quanto “diversi” dall’andazzo che i partiti stessi impongono.

Eppure i partiti, con la loro sarabanda di circoli viziosi e viziati costituiscono inequivocabile prova proprio del fatto che i circoli virtuosi, pur ormai quasi clandestini, non solo esistono, ma sono precisamente la forza che realmente produce le risorse che i partiti poi dilapidano con la loro entropia.
Entropia sempre più insaziabile, che in questi anni vediamo tracimare dall’estorsione fiscale nei confronti del Popolo produttivo alla rapina diretta della Repubblica.

Una caratteristica molto importante dei circoli virtuosi risiede nell’umiltà e nella consapevolezza delle proprie abilità così come dei propri limiti.   Questo fa sì che, per la maggioranza di questi circoli, l’impegno diretto nella Politica sia considerato esulante dalla propria competenza, e potenzialmente indice di una trasgressione alla regola di umiltà.   I circoli virtuosi finiscono così col reagire adattandosi, comperando cioé ai circoli viziosi sempre più invadenti nell’usurpazione politica, brandelli della propria libertà con l’assoggettarsi a iniqui balzelli e angherie.


Questo atteggiamento di sottomissione e tributo al malaffare da parte dei circoli virtuosi deriva da ormai due secoli di disabitudine e diseducazione del Popolo alla Politica.
Alla luce dell’Insegnamento repubblicano di Venezia, è possibile tuttavia dichiararlo privo di ogni fondamento nella Logica prima che nella Giustizia sociale. Venezia fu saggiamente governata per Secoli dai circoli virtuosi, e ne meritò l’appellativo di Serenissima.

Ancora dall’Antica Repubblica vengono i suggerimenti per rimediare alla situazione socialmente ed economicamente esiziale in cui virtuosi e viziosi si trovano entrambi presentemente coinvolti.

Sono quindi i circoli virtuosi nel loro insieme gli interlocutori primi di questa Strategia per la Repubblica.

Il postulato della loro esistenza all’interno di ogni categoria di Popolazione riveste un’importanza determinante soprattutto nell’ultimo Capitolo, dedicato alle indicazioni operative.
Per gli uomini dunque che si riconoscono in tali circoli virtuosi, o che individualmente aspirano alla virtù, continuo l’esposizione sull’attualità del modello Veneziano nell’organizzazione dello Stato Repubblicano.


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Inviato da: Marco Girardi

I giornali informano i fatti e mai sui fatti. Il giornalista è un mestiere criminale, ruba quintali di tonnellate di quattrini pubblici per autofinanziarsi, è noto a tutti che il giornalismo cartaceo, senza soldi pubblici, in italia, sarebbe morto e defunto senza requiem da qualche decade. E quello televisivo fa lo stesso, tv pubbliche e private fanno tutte e due a capo a partiti politici. Altro aspetto criminale: vedo, poi, in molti coetanei l'annullamento della critica sui fatti, oppure ossequosi epigoni di qualche scoreggione di nota fama giornalistica, e miscredenti verso i Classici, gli unici degni di essere presi sul serio e vere guide proprio perché fuori dal quotidiano impastrocciamento. Si staglia a livello globale una dittatura del quotidiano, del fatto di ieri, perché è sempre una rincorsa al contrario, un imputridire il linguaggio, il quotidiano non "informa" mai i fatti d'oggi, ma i fatti di ieri, eppure viene chiamato quotidiano, o giornale d'oggi.

Inviato il 31-05-2011 05:59
 


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