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In sordina -  
di simone carraro - inviato il 25/05/2001
In sordina la Guggenheim ci sta sfrattando. Noi veneziani intendo.
Credo che il recente articolo apparso contemporaneamente su Nuova e Gazzettino (non so voi, ma io
resto sempre perplesso quando vedo due pezzi identici su due giornali diversi) abbia disturbato non
poco i suoi responsabili di qui.
Mi riferisco a quello recente con la sparata dell’assessore al patrimonio che, forse scoprendo
incautamente qualche altarino, ha esposto nero su bianco il futuro della destinazione di Punta
della Dogana. Con il ristorante Guggenheim sul pontile della Bucintoro, con la cacciata di
quest’ultima e tutto il resto.
Loro – quelli della Guggenheim - non vogliono pubblicità, anche se i mezzi per farsela li hanno di
certo. Preferiscono fare tutto in sordina. Senza can can. Perché non sono mica scemi: non vogliono
pubblicità negativa. Ma vanno avanti, inesorabilmente.
Hanno i soldi, loro. Comprano quello che vogliono. E pagano bene, evidentemente.
Non sono pellegrini come noi ultimi veneziani che non abbiamo soldi per comprarci neanche qualche
metro quadro della nostra città. Certo di prodighiamo di comprarci casa, convinti che non occorra
fare altrettanto con i ponti, le calli, i palazzi, la Punta della Dogana appunto… Invece…
Mi domando perché non mettano in vendita anche Piazza San Marco, il campanile e, perché no, anche
il Palazzo Ducale. Non penserete che non ci sia dietro l’angolo qualche billgates con un vagone di
soldi pronto a formulare un’offerta appetitosa, con un piano di sfruttamento da far brillare gli
occhi all’assessorato al patrimonio del comune. Tutto all’insegna del rilancio della città e della
cultura, naturalmente. Cultura irresistibile, da gustare comodamente seduti in bacino. Perché non
vorrete mica che facciano mancare i servizi annessi e connessi, vero?
Se c’è da sfrattare la Bucintoro si fa presto.
Basta presentargli, tout-court, il conto degli affitti degli anni arretrati. Settanta milioni. Una
goccia nel mare, direte. Ma sufficiente a far affogare una società non-profit che vive di (misere)
oblazioni.
Il ragionamento non fa una piega. Ma, suvvia, non siamo così scemi da non vedere appena sotto la
superficie il teorema che c’è sotto.
E lo dimostreranno: se questi sono i presupporti, c’è da starne certi.
Perché i veneziani sono addormentati di natura. Contro le operazioni condotte in sordina, poi, sono
perdenti in partenza.

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