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Municipalità e decentramento - un fallimento supponente della Giunta del Comune di Venezia
di Pietro Bortoluzzi (capogruppo di An al CdQ2) - inviato il 05/03/2003
Faciloneria, supponenza e arroganza: sembrerebbero essere questi alcuni dei principali ingredienti che hanno condotto – in modo palese dopo la pubblicazione dei dati del censimento – al fallimento dell’ipotesi di decentramento voluta (forse però più a parole che nei fatti) dalla Giunta Comunale di Venezia attraverso le “inventate” Municipalità. E c’è da restare a bocca aperta, quando si sente come minimizza il problema “liceità” delle Municipalità l’assessore D’Agostino! Però, prima di affrontare questo specifico punto, è indispensabile chiarire i passaggi preliminari e fondamentali per capire quale sia la reale situazione del Decentramento a Venezia. Cominciando con il dire come le Municipalità pensate per Venezia non sono altro che una mera modifica di denominazione delle normali Circoscrizioni, che – e qui sta il supponente errore – nonostante non godano sostanzialmente di deleghe superiori a quelle che potrebbero avere le circoscrizioni di qualsiasi comune sopra i 30.000 abitanti, sono però state istituite con una modifica allo Statuto (e al Regolamento relativo) del Comune di Venezia che richiama (senza che ce ne fosse necessità, ma solo per gettar fumo di riforma negli occhi degli elettori veneziani, e per consentire in scioltezza di “alzare” lo stipendio e lo status ai nuovi presidenti circoscrizionali) le “accentuate forme di decentramento di funzioni e di autonomia organizzativa e funzionale” del comma quinto dell’articolo 17 del TUEL (il Dlgs 267/200, che però non è stato ancora in toto recepito dallo Statuto e dal Regolamento del Comune di Venezia, che fa ancora, in modo risibile, riferimento esplicito alla paleolitica legge 142 del 1990!), che è applicabile solo per i comuni sopra i 300.000 abitanti. In pratica ed in sostanza le Municipalità non sono però nemmeno paragonabili (per deleghe) ad esempio ai Municipi del Comune di Roma, sorti richiamando lo stesso comma usato dal Comune di Venezia: infatti per far quello che fanno ora le (anzi la) Municipalità basta tranquillamente il contenitore istituzionale della Circoscrizione (che a Venezia è stato chiamato Quartiere). Circoscrizione che viene utilizzata in termini ridottissimi, rispetto a quanto anche l’attuale statuto comunale (oltre al Testo Unico) consentirebbe. Si tratta quindi di un’accoppiata fatta di mancata forte volontà di delegare funzioni alle Circoscrizioni, che si unisce al fumo del parolone “Municipalità” per nascondere la pochissima incisività dell’azione di governo comunale in tema di riforma del decentramento, che non ha prodotto nemmeno una bella revisione dello Statuto e del Regolamento alla luce del TUEL, nonostante le grandi (ma chiaramente non rispettate) promesse del sindaco Costa, che nel suo programma aveva assicurato l'approvazione definitiva del progetto delle Municipalità entro il primo semestre del 2001 (inutile ribadire come ormai quasi a maggio del 2003 ancora non si siano individuati i confini delle ipotetiche municipalità!). Ma quel che ancor più forse lascia l’amaro in bocca è il boicottaggio sistematico e la derisione messa in campo dai Soloni di Sinistra alla (ormai datata, ma ancora validissima e realizzabile con facilità!) proposta fatta dai Gruppi Consiliari Circoscrizionali di Alleanza Nazionale ai CdQ 1 e 2 di istituire dei Municipi all’interno del Comune di Venezia, attraverso un uso “ampio”, ma sicuramente legalmente plausibile, dell’art.16 del TUEL, che nei comuni istituiti mediante fusione di due o più comuni contigui, con una semplice modifica dello statuto comunale, può prevedere l'istituzione di municipi nei territori delle comunità di origine o di alcune di esse. Secondo la 267, inoltre: “Lo statuto e il regolamento disciplinano l'organizzazione e le funzioni dei municipi, potendo prevedere anche organi eletti a suffragio universale diretto. Si applicano agli amministratori dei municipi le norme previste per gli amministratori dei comuni con pari popolazione”. Se si voleva davvero arrivare a quel che a parole potrebbero alla lontana essere le Municipalità, perché non si è voluta usare la via maestra, praticabilissima in un comune come quello di Venezia, frutto di numerose fusioni avvenute negli anni ’20? Un accenno infine all’assoluta arbitraria commistione di argomenti, con la tirata in ballo dell’istituzione della Città Metropolitana e della (fatta in modo poco chiaro!) modifica del Titolo V della Costituzione, che con le municipalità, le circoscrizioni e i municipi, c’entrano come il cavolo a merenda, tanto quanto con l’ipotesi di svolgere un referendum consultivo popolare sulla nascita del Comune di Mestre, per distacco di parte del territorio da quello di Venezia. Per inciso, ricordo che i 300.000 abitanti non servono per fare la città metropolitana (essendo Venezia e i comuni a lei connessa che lo desiderino già indicati nel TUEL come area e potenzialmente città metropolitana, indipendentemente dai confini e dal numero di abitanti!), ma servono per tenere in piedi le Municipalità (anche se sono inutili e meno forti e funzionanti di quanto potrebbe essere - lo ribadisco! - una semplice circoscrizione). Inoltre istituire municipalità (che ripeto e sottolineo sono un’invenzione solo del Comune di Venezia!) non c’entra nulla con il costituire la città metropolitana. Ebbene il TUEL 267/2000 già prevede, riprendendolo dalla 265 del 1999, il percorso da tenersi per il Comune (fra quelli indicati, Venezia compresa, e gli altri comuni – come potrebbero essere il nuovo Comune di Mestre o quello già esistente del Cavallino – “i cui insediamenti abbiano con essi rapporti di stretta integrazione territoriale e in ordine alle attività economiche, ai servizi essenziali alla vita sociale, nonché alle relazioni culturali e alle caratteristiche territoriali”) che volesse costituirsi in città metropolitana. Ma dal 1999 ad oggi il Comune di Venezia non ha mai concretamente e realmente cominciato l’iter previsto, cercando di creare percorsi istituzionali tutti suoi e assai discutibili, come quello di inventarsi una legge d’iniziativa popolare da presentare al Parlamento! Sulle fantasiose ipotesi cavillose legali della Giunta veneziana (spalleggiata da qualche avvocato-consulente ed ex-parlamentare), poi, che, alla luce della modifica del Titolo V della Costituzione, che ha abrogato l’articolo 128, ritiene di non essere più soggetta a nessun regolamento da parte dello Stato, TUEL compreso, vorrei ricordare come, tuttavia, il novellato art. 117 (alla lettera ''p'') rimetta allo Stato la competenza esclusiva in materia di legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Province, Comuni e Città metropolitane. Insomma non mi pare pensabile che il Comune di Venezia possa non rispettare (e sarebbe l’unico comune in Italia!) il TUEL! Le modifiche al testo V perciò non toccano in realtà (se non alla lontanissima) gli articoli relativi alla prassi da tenersi per il Comune che volesse diventare città metropolitana: la verità forse è che la Città Metropolitana interessa a molta sinistra veneziana solo quando si sta rischiando di subire la sconfitta ad un referendum di separazione. D’altronde stiamo ancora aspettando i lucchetti che avrebbero dovuto serrare i polsi di Massimo Cacciari, che da sindaco aveva annunciato che si sarebbe incatenato alle porte della Regione per ottenere la città metropolitana, dopo aver fatto votare NO alla separazione di Mestre…

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