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IL GIGANTESCO TESCHIO DAVANTI A PALAZZO GRASSI
di ENZO PEDROCCO - inviato il 27/06/2008
UN' OPERA DI "LETTURA" TUTT'ALTRO CHE INTUITIVA E FACILE

"Very Hungry God", ovvero "Dio Molto Affamato", è il titolo del gigantesco teschio composto da ben 2000 pentolini in acciaio inox e situato, sopra una piattaforma galleggiante, all’esterno di Palazzo Grassi sul Canal Grande, opera dell’indiano Subodh Gupta.

Per lo più sconosciuta al grosso del pubblico e di lettura tutt’altro che intuitiva e facile, tale opera ha incuriosito fin dal suo primo apparire chiunque, sia veneziano che turista, si trovasse a transitarvi davanti – in battello o a bordo di qualche altro mezzo acqueo - che era solito in genere interrogarsi sul suo significato. Senza però riuscire, il più delle volte, a darsi una risposta.

Dopo la recente presentazione di Subodh Gupta a Venezia - avvenuta il maggio scorso allo Iuav nell’ambito del programma “Incontri di palazzo Grassi, aspettando Punta della Dogana” - e dopo soprattutto le delucidazioni che l’artista indiano stesso ha fornito in tale occasione intorno alla sua opera in generale e, specificatamente, sul teschio gigante di Palazzo Grassi, riprese da stampa e televisione, le cose sembrano andare, però,un pochino meglio.

Tanto e vero che in battello ora può anche capitare di assistere a scenette come quella a cui, alcuni giorni addietro, è capitato a me di assistere proprio nel momento in cui il battello transitava davanti a Palazzo Grassi.

Constatato che un anziano signore, il quale andava chiedendo lumi a proposito del teschio a destra e a manca, non riceveva alcuna risposta in quanto intorno a lui c’erano soltanto turisti stranieri, il giovane marinaio del battello si premurò di accorrere in suo aiuto: Simboiza l’India, sior. L’India e ea so fame atavica. E l’artista, col so teschio, ne vol ricordar che molte persone nel so Paese, ma anca nel resto del mondo, xe ancora affamae e destinae spesso a morir.

Mentre l’anziano signore annuiva soddisfatto, io non potei fare a meno di constatare che la spiegazione fornita dal marinaio, seppure in dialetto, corrispondesse in sostanza a quella fornita dalla critica in genere. E testimoniasse fra l’altro che, con un minimo di informazione, chiunque possa accostarsi e comprendere l’arte contemporanea, anziché rifiutarla aprioristicamente, come fanno molti, ritenendola a torto astrusa e incomprensibile.

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