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Strategia di lavoro per la Repubblica, Precisazioni | |
di Umberto Sartori - inviato il 27/03/2011 | |
Proseguo la pubblicazione, in puntate più o meno settimanali, della strategia di "Lavoro per la Repubblica". Dopo aver ricordato la storia del Comitato di Salute Pubblica a Venezia, effettuiamo alcune precisazioni importanti ai fini di poter stabilire una corretta comunicazione politica. Preleva la versione in pdf di questo documentoSintesi della situazione politica, come appare dalla base dati del Comitato e dall’attività legiferante dei partitiAbbiamo visto che, nei primi otto anni di attività, il Comitato di Salute Pubblica a Venezia si è occupato in prevalenza di raccogliere dati e documentazione locale, per costituirli in informazioni. L’uso politico delle informazioni era volto a un duplice scopo: Il primo scopo è stato raggiunto. Nella memoria di moltissimi Cittadini interessati a Venezia, sono oggi presenti, in merito alle questioni di cui si tratta, dati che non lo erano al tempo in cui iniziammo la nostra azione. Questo risultato permette di considerare parzialmente ottenuto anche il secondo scopo, dal momento che vi sono chiare prove, documentali e pubbliche, di come tale aggiornamento collettivo della memoria abbia tratto origine e tragga pressocché ogni nuovo spunto dall’iniziativa e dall’attività del Comitato di Salute Pubblica. Siamo ancora lontani dal livello di legittimazione necessario a una nostra effettiva azione di governo, ma vi sono ulteriori elementi di potenziale prestigio popolare che il Comitato ha seminato nel Territorio: primo fra tutti la propria capacità di mantenersi alieno da quel “gioco delle parti” che attualmente si azzuffa attorno al Bene Comune. Le informazioni da noi raccolte e organizzate sono oggi sufficienti a supportare oltre ogni ragionevole dubbio le osservazioni e le deduzioni ideologiche e politiche che hanno portato alla fondazione del Comitato di Salute Pubblica e a formulare la sua Petizione. Per il loro costante affermarsi all’evidenza, le nostre elaborazioni ideologiche hanno a loro volta già cominciato a influenzare i processi mentali dei contemporanei: massimalismi tratti dall’ideologia del Comitato affiorano sempre più spesso negli abbagli, demagogici o ingenui che essi siano, delle liste civiche e di altri movimenti che si sono attivati, consapevolmente o meno, sulla base dati informativa e ideologica creata dal Comitato stesso. Anche a fronte di queste nuove provocazioni, mai le azioni del Comitato sono state dirette “contro” questo o quell’altro degli specchietti per allodole dispensati al malcontento popolare dagli attivisti di partiti vecchi e nuovi. La Sinergetica, cui da Veneziani ci ispiriamo, esclude la contrapposizione in quanto fonte di ostilità e di entropia, mentre professa il metodo giustappositivo. Abbiamo dunque diffusa e parzialmente consolidata fra la Popolazione la base dati dalla quale traiamo le nostre ipotesi politiche: per proseguire nel conseguimento del secondo scopo, con la diffusione del modello politico che verrà enunciato in questa Strategia, dobbiamo da oggi dedicarci principalmente a chiarire quelle ipotesi e a esporre nel dettaglio come esse sorgano da quella base dati. Pur senza abbandonare del tutto la campagna di raccolta dati, i nostri sforzi devono focalizzarsi in un altro ambito, quello del diffondere il convincimento civile che animò la Venezia dei Padri e che anima la Costituzione della Repubblica Italiana. Precisazioni necessarieAl fine di rendere comunicativo il discorso che vogliamo sviluppare da queste pagine, dobbiamo richiamare il significato di alcune parole, fondanti nell’arte della Politica e attualmente spesso confuse dall’uso improprio e dalla demagogia. Al di là delle differenze che vedremo, è importante ricordare che entrambi i sistemi si basano sulla istituzione della Res Publica, ovvero di un patrimonio territoriale e culturale appartenente al Popolo-Nazione nel suo complesso, attraverso il concetto di Demanio, Regio o Pubblico. Nella Monarchia lo spirito popolare personifica i molti nell’uno, uomo-re il quale, divinizzato o semi-divinizzato, diviene incarnazione del Popolo-Nazione e della sua volontà. I possedimenti Reali sono, moralmente se non fisicamente, patrimonio del Popolo, i fasti del Re i suoi fasti. Tale sudditanza fra umani contrasta inoltre con le concezioni, sia religiose che laiche, del libero arbitrio e della Fratellanza umana. La ricerca di perfezionamento che connota la società civile ha prodotto, per ovviare a quelli e altri difetti del sistema monarchico, un differente orientamento politico, quello puramente repubblicano. Nella Repubblica propriamente detta, lo spirito popolare vede i molti come insieme e ne concettualizza una entità immateriale, la Repubblica appunto, che si stacca dalla localizzazione in una persona fisica per assumere a pieno titolo il valore di principio unificatore astratto. Per servire lo Stato e la Nazione, in Repubblica, ci si riconosce in un principio astratto e non compare la sudditanza fra esseri umani. Quando gli elementi di un insieme fisico si orientano secondo un principio unificatore astratto, come nel caso della società repubblicana, il sistema che ne risulta è sinergetico, ovvero superiore energeticamente alla somma delle sue parti. Diciamo questo, perché riteniamo che la Repubblica di Venezia sia la figura storica di riferimento cui ricorrere ancora oggi, quando si voglia proporre un programma per salvare Venezia stessa ma anche quando si voglia soccorrere la Repubblica Italiana attualmente sotto saccheggio da parte di una democrazia barbaramente intesa. Argomenteremo questa affermazione e illustreremo il Modello Veneziano con le sue possibilità di attuazione dopo aver chiarito altri due termini essenziali del discorso e illustrato le condizioni presenti di Venezia e della Repubblica Italiana. La terza parola da chiarire come indispensabile a questa comunicazione è, per l’appunto, “democrazia”. Siamo abituati ad associare questa parola come aggettivo al termine Repubblica, dal momento che la nostra Costituzione con il suo primo articolo definisce l’Italia “una Repubblica democratica fondata sul lavoro”. L’aggettivo “democratico” ha infatti un valore etimologicamente assai generico, anche perché largamente ambiguo è il significato della sua componente “demo”. Presso i Greci, dai quali la parola proviene, “demos” rappresenta anche il “Popolo-Nazione” ma viene usata in prevalenza per esprimere concetti di “popolo” assai meno lusinghieri: secondo il Rocci, il termine proviene dal Dorico “dateomai”, che significa dividere, ripartire territorialmente. Nella storia della Politica, la parola “Democrazia” è stata usata in due accezioni principali radicalmente opposte. Dall’Antichità fino all’Era Moderna, la Politica ha usato il termine “democrazia” nel senso spregiativo di anarchia sociale, stato di congiura permanente, guerra civile, distruzione dello Stato e del suo Patrimonio. Nessun Regno o Repubblica se ne è mai fregiato considerando anzi la democrazia il più grave dei pericoli interni. Solo l’Era Contemporanea vede il sorgere di Stati che si autodefiniscono democratici. Presso questi Stati la parola si vuole significhi sistema di liberi cittadini, popolo di liberi che si autodeterminano eleggendo e rinnovando costantemente la propria classe dirigente. È assai discutibile che alcuno degli stati “democratici” moderni abbia dimostrato di mantenere fede al significato civile. Oclocrazia è il contrario di Aristocrazia e significa quindi “il governo dei peggiori”, come vedremo dimostrato in seguito. Nei fatti odierni d’Italia, la definizione civile moderna del termine Democrazia si prova falsa, mentre l’osservazione dei fenomeni viene a confermare il significato barbarico assegnato dall’antico alla parola. La quarta e ultima parola che è necessario chiarire in questa nostra strategia è: “Politica”. Secondo la prima definizione, data da Aristotele, Politica è l’arte di occuparsi della Cosa Pubblica a profitto della Comunità. Alla parola sono stati attribuiti, molto più tardi, anche valori più specifici, talvolta vili fino a ridurre la politica allo stato di attività criminale: chiunque in Italia si sia avvicinato come cooperatore alla struttura “politica” imposta dai partiti, si è sentito rivolgere innanzittutto la domanda: “Sei disposto a sporcarti le mani?”. Sappiamo tuttavia che le grandi civiltà come l’Impero Romano e la Repubblica Serenissima, così come la Costituzione della pur meno gloriosa Repubblica Italiana, riferiscono alla politica precisamente nell’accezione aristotelica. Le attività sporche dei partiti non possono essere fraintese con una naturale evoluzione della Politica, e nemmeno con una sua degenerazione. Il Vocabolario della Lingua Italiana riserva nomi appropriati e precisi a quelle attività, nomi che sono incompatibili con il significato che “Politica” - deve - avere in una Repubblica Democratica fondata sul lavoro. Il nascondersi del malaffare dietro una falsa patente di “politica” permette oggi ai partiti in Italia di arrecare sempre più gravi offese e danni alla Repubblica e al suo metodo Democratico. |
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