Venezia ObServer

Cultura e Arte ..:Torna indietro:..
Alma Mahler a Venezia - Una grande occasione mancata
di Umberto Sartory - inviato il 09/10/2002
L'essere inconsueto, lungo e tuttavia molto gradevole è forse la principale caratteristica di questo spettacolo.Ne ho ricavato la sensazione che si sia voluto condurre un esperimento ''d'avanguardia'' rimanendo però saldamente aggrappati alla vieta e netta distinzione fra attori e spettatori.Sono convinto che questa remora abbia fatto perdere alla compagnia l'occasione di determinare un grande evento teatrale, ferma restando comunque l'alta qualità dello spettacolo come intrattenimento e godimento estetico.La trama, nonostante l'invito a ''non tentare di comprenderla'', sembra svilupparsi in modo tuttossommato convenzionale, articolandosi in flashback che riescono però a tessere la sensazione di una unità narrativa come flusso di ricordi dalla memoria di Alma. La narrazione è poliglotta e si dipana su un vasto arcolaio di microclimi composti con cura da incisore.Una menzione particolare merita infatti la scenografia, realistica e calda da suggerire l'evocazione spiritica. L'autore ha saputo armonizzare e ''naturalizzare'' gli ambienti dell'azione negli spazi dello splendido palazzo Zenobio e del suo giardino. Ha formulato, a mio modo di vedere, scene di valenza altamente pittorica ed evocativa, capaci di divenire quasi ritratto del personaggio nel caso degli studi e laboratori ricreati in molte stanze del primo piano, mentre gli spazi comuni, come la cucina, i bagni e la sala da pranzo efficacemente dipingono un'epoca, un ceto e le sue abitudini.Dove il lavoro veramente si discosta dal consueto è nel rapporto tra scena, azione scenica e pubblico che, se non giunge all'interattività, porta però gli spettatori sul palcoscenico, o meglio, fa recitare gli interpreti in una platea labirintica e sontuosa.L'ouverture suggerisce citazioni dalla storia del teatro: Pirandello nel modo di introdurre i personaggi e nelle loro prime interazioni, Strassberg nell'intensità dell'interpretazione e nell'efficacia con cui ogni attore sa generare spazio teatrale attorno a sé pur muovendosi tra il pubblico. Anche il Living Theatre e Grotowsky vi fanno capolino, con l'autoassorbimento dell'attore nel ruolo, che lo fa recitare anche se, come accade, il pubblico è assente o distratto da un'azione che, pur parte della medesima piece, avviene in un luogo teatralmente molto distante, fuori vista e fuori voce. La finale follia di Alma, con le sue insistenze “organiche”, non avrebbe sfigurato al Teatro della Crudeltà... Poiché ho assistito a una sola rappresentazione, non mi è possibile chiarire il rapporto con il testo, ma mi piace pensare che, inoltre, la recita si svolga a soggetto: il che costituirebbe quasi un omaggio alla tradizione teatrale della città che attualmente ospita lo spettacolo.Aggirandosi nel labirinto del palazzo-palcoscenico, si può incappare in piccoli shakespeariani tableau vivent in sé compiuti, e scegliere se assistere a vicende drammatiche piuttosto che a scene d’amore, a monologhi introspettivi o a sedute di isterico pettegolezzo. Si è di quando in quando richiamati nel cortile per assistere a grandi rituali collettivi come i funerali oppure allo scoppio della guerra (che non raggiunge però la geniale efficacia icastica di quello proposto da Kantor alcune biennali or sono sulle pur convenzionali quinte del teatro Goldoni).La cena rompe l’incanto scenico, il pubblico diviene protagonista ma nella vita reale, mentre gli attori si ritirano in un limbo fatto di fugaci e fantasmatiche apparizioni. La cena è forse il momento in cui più fortemente si riafferma la separazione dei ruoli, degradando l’evento a un qualsiasi intervallo nel foyer. Da molti sintomi par di vedere che la caduta della soglia di boccascena era temuta dalla compagnia e dal lavoro, e questo sfalsamento dei tempi biologici (gli attori hanno già mangiato quando il pubblico viene ammesso) la dice molto lunga in merito.L'altissima qualità del lavoro nel suo insieme paradossalmente mi ha acuito la delusione. Spiace che la citazione storica formalmente più evidente, quella relativa alla ''rivoluzione teatrale'' di Brecht, sia stata assimilata solo nella sua superficialità, riducendola a mera tecnica scenica. Con l'apparato a disposizione, e con attori così intensi, la compagnia di Alma avrebbe potuto offrire ben altro che uno spettacolo splendidamente confezionato. Con un minimo di disponibilità in più l'esperienza avrebbe davvero potuto fondere vita e rappresentazione, se solo gli attori si ''fossero accorti'' di aver fatto salire il pubblico sul palco e non avessero cominciato e continuato a muoversi come se questo fosse completamente invisibile e areattivo. Proprio un peccato, avrei fatto volentieri due chiacchiere con Walter Gropius.

© veniceXplorer.net, 2001 - 2005