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Dove Vanno Travi e Mattoni Veneziani Antichi
di Umberto Sartori - inviato il 07/08/2006
Da qualche anno, in occasione degli imponenti "restauri" di edifici pubblici a Venezia, si può notare che sulle barche che rimuovono le “macerie”, si accatastano decine di travi antiche. Vengono sostituite con putrelle o, nel migliore dei casi, da moderni travi lamellari.
Nessun dubbio che le travi lamellari offrano, dal punto di vista della tecnica delle costruzioni, assai migliori prestazioni delle tradizionali travi in massello. A breve termine questo è certo, ma non possiamo affermare che ciò sia vero anche sui tempi lunghi. Le lamellari, infatti, dipendono molto dai collanti usati per unire le assicelle. Questi collanti sono tutti di invenzione recente, e nessuno può affermare che esse manterranno le necessarie caratteristiche attraverso la sfida dei secoli.
Inoltre, le travi lamellari non appartengono certo alla struttura originaria degli edifici in cui vengono installate.
Si badi bene che, nella maggior parte dei casi, le lamellari vanno a sostituire travi sane e stagionate per secoli. Ne ho viste rimuovere a centinaia dall’Ospedale di San Lorenzo, al tempo in cui fu trasformato per far posto ai “pellegrini” del Giubileo. Decine e decine, nello stesso periodo le vidi uscire, pensate un po’, persino dalla sede della Questura Centrale sempre a San Lorenzo, allora sotto “restauro”.
Quelle nella foto provengono invece dalle Gallerie dell’Accademia, e potete vederle ancora oggi sbarcando dal vaporetto all’Accademia.

Io penso di sapere dove vanno a finire quelle travi, perché una mia conoscente ebbe modo di lavorare in una fabbrica nel Bellunese specializzata in produzione di parquet d’epoca.
La signora mi descrisse lo stupefacente sistema computerizzato (CAD-CAM) che scansiona in tre dimensioni ogni singola trave, e poi pilota un sistema di seghe e frese che ricavano da ogni pezzo, scartando le parti inutilizzabili, il maggior numero possibile di tavolette a incastro.
Con evidente orgoglio aziendale, la signora in questione mi parlò anche dei destinatari di questi pavimenti d’epoca, tra i quali ricordo due nomi, quello del tenore Pavarotti e quello della show-woman Mara Venier; solo persone molto altolocate e benestanti, mi disse la signora, potevano permettersi di strusciare le loro pattine su impiantiti costosissimi come quelli prodotti dalla sua azienda. Ovviamente la signora mia conoscente non era informata sulla provenienza delle travi d’epoca, essendo lei impiegata nel settore vendita e non in quello approvvigionamenti; men che meno, immagino, dovevano conoscerla gli acquirenti.
Ma noi Veneziani, che vediamo esportare tra le macerie migliaia di travi lunghe e patinate dai secoli, senza alcuna ragione sostenibile, possiamo ben farci un’idea della loro destinazione...
Anche i mattoni vecchi e antichi se ne vanno su pallet accuratamente cellophanati a ogni rifacimento di murette e rive, e i Lavori Pubblici di questi anni non sono avari quanto a simili operazioni, ma di questo ho gia parlato in un precedente articolo su Venezia Observer, che vi invito a leggere se vi fosse sfuggito.

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