Delhi ci offre un cielo opaco dietro cui arde un Sole impietoso. Percorrendo la citta in moto l'aria passa da molto calda nelle zone alberate e ombrose a torrida tra le case e nelle aree brulle. Il calore diventa parossistico in un lungo raccordo autostradale imboccato per errore. La sensazione è quella di guidare contro il getto di un asciugacapelli. La notte dormo al ritmo dei blackout. AC on AC off. Con Patrizia beviamo birra Kingfisher a litri, tra le occhiate in tralice dei camerieri, che la vedono piú o meno come noi lo champagne, ma con molta maggiore morbositá, dato che a loro è proibita per religione e metabolismo. Sembrano generalmente delusi a non vederci fare cose da ubriachi. Sono in treno da sette ore, ormai è notte, Trovo finalmente una porta aperta e vedo sfilare Jalalabad, interminabile sequenza di cubicoli e strade affollate. Attraversiamo la stazione a passo d'uomo e due bambini saltano sul predellino per chiedermi l'elemosina. Un gioco che fanno ridendo e che a me fa sudare freddo. Non se ne parla di sedere sulla porta aperta: questo è il Rajadani Express, e corre con tutta la fretta che ha l'India di modernizzarsi. Abituato a treni da cui si poteva scendere e risalire in corsa senza pericolo, dai quali si potevano scambiare saluti con i passanti lungo i binari, sono a disagio in questo serpente impazzito che tritura la poesia del paesaggio, che polverizza i templi rurali e non si ferma mai. Niente soste imprecise e impreviste, niente affollamento, gli steward servono il cibo con le mani dentro sacchetti di nylon. Il Governo ha promesso di portarci a New Jalpaiguri in 21 ore anziché 36 e sembra intenzionato a mantenere. Cosa sará dell'India quando avrà troppa fretta per le sue devozioni? Me lo chiedo da quando, sbarcato a Delhi, ho sentito che la città ha cambiato odore. In tre giorni nessuno ha cercato di dipingerci una tikka in fronte o venderci una ghirlanda, ma ci sono molti più modelli di auto e moto in circolazione: Ambassador ed Enfield cominciano a scarseggiare. Durante la notte nella mia cuccetta sogno un terremoto interminabile che scuote Venezia e io che prego la Madonna di farlo finire e di tenere insieme le nostre pietre malandate. Mi sveglio alle 8 nel moto squassante del treno con un sospiro di sollievo. Siamo ormai nel West Bengala, o forse nel Bihar, comunque un'altra immensita', lussureggiante e intrisa d'acqua invece che di caldo. Il treno rallenta notevolmente l'andatura e ferma piu' spesso in piccole stazioni affollate, come i terrapieni della linea ferroviaria, dai rifugiati dall'esondazione del Brahamaputra e di chissa' quali altri fiumi, che allaga il paesaggio. Argini, strade ed emersioni sono fragili e basse, la linea di demarcazione tra felicita' e tragedia sta in pochi centimetri di acqua in piu', in un metro di argine libero o spazzato. Quest'anno il monsone sembra buono, ci sono molte isole emerse, si pesca, si pascolano animali, si traffica lungo le linee di comunicazione affioranti, si va a scuola. Noi passiamo col treno, e tutta quell'acqua frena anche il Rajadani Express, posso stare sullo sportello aperto e fotografare. Da New Jaipalguri a Darjeeling la strada arrampica colline affilatissime, snodandosi allacciata alle minuscole rotaie del Toy Train come in un interminabile caduceo. 1600 "passaggi a livello" incustoditi, o giu' di li'. Su quasi ciascuno la jeep Mahindra deve fermarsi e passare in prima per attutire i sobbalzi. Entrambe le carreggiate, ma soprattutto quella ferroviaria, sembrano disegnate da un modellista fanatico delle splines. Le quali, comunque, riescono a portare trenino e automobili su per crinali di terriccio pressoche' verticali. Darjeeling, come tutto da queste parti, e' costruita a terrazze su una serie di sponde cosi' ripide da dare il paradosso di ingressi a pianoterra che sfociano all'altro lato su una vista quasi a strapiombo di 1000 e piu' metri. Una piantina di te, simile molto nell'aspetto ai nostri rododendri, e' produttiva per circa cent'anni, e proprio in questi tempi si compie il ciclo secolare di questa pratica a Darjeeling. Siamo alloggiati nell'ala vecchia dell'Hotel Bellevue, struttura coloniale ormai molto trasandata, ma con una veranda privata e mobili in stile. La vista spazia sulla citta' e sarebbe penso mozzafiato se solo le nubi allentassero la loro morsa fino all'orizzonte degli ottomila. |
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