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L'Epopea del Baccalà   English text
dal naufragio di Piero Querini ai giorni nostri

Ripercorrere la storia di uno dei piatti più tipici della tradizione culinaria veneziana, com`è il baccalà mantecato, significa imbattersi in gustosi aneddoti di costume e linguistici di cui la lunga storia della Repubblica di S.Marco è piena.
Per parlare del baccalà, che fino al dopoguerra veniva ancora battuto sui masegni delle Zattere dai manovali dei burci e dei trabaccoli, da cui deriva il detto done, cani e bacalà, no xe bon se no xe pestà, bisogna infatti risalire al 25 aprile 1431 quando una nave veneziana piena di spezie partì dall`isola di Creta sotto il comando del capitano da mar Piero Querini alla volta dei mari del Nord. All`altezza del canale della Manica il viaggio però si mise male perchè un forte vento tempestoso trascinò per giorni la nave a spasso per i mari finchè tagliato l`albero, perse le vele ed il timone i 68 marinai si imbarcarono sulle scialuppe di salvataggio. Solo 14 di loro riuscirono però a riparare sullo scoglio disabitato Sandoy nelle isole Lofoten presso la Norvegia del Nord.
Dopo qualche giorno i pescatori locali li avvistarono e li portarono in salvo nell`isola di Roest, che qualche tempo dopo i marinai veneziani definirono un paradiso terrestre. La grande libertà e semplicità di costumi di quelle popolazioni colpì infatti profondamente i veneziani. In quelle 12 case che ospitavano 120 persone, tutti vivevano nudi e non si fecero alcun problema per la presenza degli ospiti tanto che il Querini racconta: "Le donne restavano nude e dormivano con gli stranieri quando i mariti andavano a pescare. Quelle genti vivono il matrimonio come sacramento indissolubile e vivono senza alcuna propria lussuria, nè allievamento lo stimolo della carne".
Dopo 101 giorni in quell`ospitale villaggio gran parte dei marinai decise però di tornare portando con sè 60 stoccafissi seccati. Querini durante il viaggio di ritorno passò per Trondheim, Vadstena e Londra dove fu ospite dell`allora potente comunità veneziana che risiedeva sul Tamigi. Da lì dopo 24 giorni di cavallo il capitano da mar giunse finalmente a Venezia il 12 ottobre del 1432. Tornato in laguna nella dettagliata relazione che fece al Maggior Consiglio Querini non dimenticò certo di raccontare dello stoccafisso, quella specie di pesce che i norvegesi facevano essicare al vento fino a farlo diventare duro come un bastone e poi batterlo per farne un butiro con specie per farlo insaporire.
Raccontato l`aneddoto che fece conoscere ai veneziani questa antica ricetta passiamo ora alla vicenda linguistica. Il merluzzo era chiamato dalle popolazioni del Nord Europa stock (bastone) fish o vish (pesce), mentre la parola usata dai veneziani fu baccalà per assonanza con bacalhau portoghese e bacalao spagnolo, termini evidentemente derivati dal latino baculus, che significa bastone. Il bacalao spagnolo si riferiva però a quella specie di merluzzo che pur partendo dal Mare Glaciale Artico non va verso la Norvegia ma si dirige verso il Labrador e Terranova, dove veniva pescato e conservato sotto sale da spagnoli e portoghesi. Il nome di una ricetta diversa quindi venne usato comunemente per definire il baccalà fatto alla norvegese, stranezza che si affianca a quella del vocabolo mantecato (crema), anch`esso d`origine spagnola. Baccalà mantecato quindi come crema di stoccafisso.

Sebastiano Giorgi

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Baccalà   Testo italiano

Sebastiano Giorgi